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di Luigi Leone

 

Due notizie segnano la plastica dimostrazione del perché, almeno finora, il centrodestra vinca e il centrosinistra perda. Dunque: alle assise liguri di Forza Italia, Matteo Rosso, coordinatore regionale di Fratelli d’Italia, il partito della premier Giorgia Meloni, praticamente incorona il governatore Giovanni Toti: “Siccome ha fatto bene, a mio avviso va confermato".

Sull’altro fronte, invece, ecco la sorpresa-non-sorpresa: il Movimento 5 Stelle non appoggerà l’ex segretario provinciale della Cgil, Fulvio Fellegara, scelto dal Pd e sostenuto da tutta la galassia della sinistra per le comunali della primavera prossima a Sanremo. I “grillini”, dunque, si presenteranno da soli.

Unità è da sempre la parola d’ordine che l’elettorato italiano invoca, a prescindere che si tratti di politiche o di amministrative. Il centrodestra questa unità la pratica, forse anche per il vantaggio dei comuni valori di fondo. Ma se “nel durante” non si fa mancare divisioni persino dolorose, sebbene di regola negate, quando è il momento di decidere una candidatura sa essere unito. E pure realista. Non credo che Rosso ami particolarmente Toti, però sa perfettamente che il governatore punta al terzo mandato e che mettersi di traverso comporterebbe molte incognite. Quindi, meglio bruciare i tempi e metterci semmai il cappello sopra a un “Toti ter”.

A Sanremo, che andrà alle urne un anno prima della regione, avviene l’opposto. E dire che una volta tanto il Pd aveva fatto le cose per bene: un candidato designato nei tempi, la scelta di una figura giovane e rappresentativa, la capacità di mettere intorno a costui tutta la sinistra. Non che questo bastasse a sovvertire i pronostici, tuttavia in attesa che il centrodestra stabilisca il nome del proprio “campione” l’impressione era che almeno la partita si potesse giocare.

Ora, non è che l’assenza dei Cinque Stelle, mai forti alle comunali, segni il destino della coalizione. Però testimonia l’impossibilità a creare quella unità del centrosinistra (e non si dica che i grillini non ne fanno parte) che al contrario i suoi elettori richiedono. E in assenza della quale probabilmente avremo ancora un ragguardevole numero di astenuti. Un ragionamento che vale tanto a Sanremo quanto ovunque i due schieramenti incroceranno le lame.

Come finirà, prima nella città del Festival e poi in Liguria, è ovviamente troppo presto per dirlo. Non è mai troppo tardi, invece, per affrontare l’argomento che accomuna l’intero parterre politico-partitico dello Stivale: l’onestà intellettuale. Quella senza aggettivi va data per scontata. Però anche l’altra dovrebbe essere un patrimonio comune. Invece…

Ma come fa, ad esempio, Giorgia Meloni ad affermare in Parlamento che non ricorda di aver detto che saremmo dovuti uscire dall’euro? Quanto tempo pensava che occorresse per ritrovare la sua voce e le immagini che l’avrebbero sbugiardata? E parimenti, com’è possibile che esponenti del Pd o dei Cinque Stelle vadano nei talk più popolari a sostenere che è colpa di questo governo se sui temi del bilancio pubblico, della sanità, della sicurezza e del Pnrr non si fanno cose delle quali, al contrario, portano in capo gravi responsabilità, puntualmente evidenziati dai video d’annata? Va bene la propaganda. Però a tutto c’è un limite!