Si dice che dopo quello che il mondo ha vissuto con il lockdown si sia più attenti alle condizioni di lavoro (ovviamente per chi comunque può rischiare). E allora mi chiedo quei medici di pronto soccorso, chi lavora nell'emergenza, che quasi 4 anni fa chiamavamo eroi con tanto di striscioni fuori dagli ospedali, oggi perché resistono a lavorare dove sembra impensabile farlo?
I medici dell'emergenza sono sottopagati, forse tra gli ultimi in Europa, sono pochi e spesso devono coprire doppi turni. Quando va bene sono insultati, oppure anche malmenati e picchiati, non possono andare a lavorare nel privato e allora mi chiedo che cosa li trattenga dallo svegliarsi un mattino guardarsi allo specchio e capire che questa non è vita.
Siamo abituati a criticare, polemizzare, lamentarci quando stiamo male e rimaniamo in attesa in pronto soccorso e sicuramente è umano perché se noi o un nostro caro sta male vorremmo che tutto il mondo si fermasse e si prendesse cura di lui.
Penso al medico o infermiere che si trova in un girone infernale ogni giorno, perché sì è questo che si vive in pronto soccorso, e mi chiedo perché non si dimette anche lui come già stanno facendo in moltissimi.
Questo potrebbe essere chissà l'unico choc per convincere lo Stato che la sanità va potenziata e non tagliata.
Sono medici che vogliono solo fare il proprio lavoro ed essere pagati il giusto rispetto allo studio e alla responsabilità, cosa c'è di difficile da capire?
Io spero di non dovermi mai svegliare in un paese senza medici e infermieri di pronto soccorso ma rischiamo di andare in questa direzione. È il momento di farci un esame di coscienza serio tutti: la politica in primis ma anche la cosiddetta casta medica in tutte le sue diramazioni e poi noi tutti o impariamo di nuovo a rispettare la sanità e chi ci lavora senza scambiarla solo come un limone da spremere oppure il sistema non potrà che implodere definitivamente.