Ma che bella sorpresa! Anche sotto la ombelicale piazza Caricamento ci sono antiche vestigia della Genova che fu. Per la precisione degli antichi moli. Come era accaduto durante la costruzione del “nuovo” Porto Antico sono riapparse le storiche pietre del passato. E così anche quel cantiere, appena partito per rifare il look a quella piazza un po’ perduta tra i portici di Sottoripa, Palazzo San Giorgio, l’Acquario, eccetera eccetera, con alberi, panchine, spazi verdi, si è fermato e attende il fatidico verdetto della Sovraintendenza. Cosa bisogna salvare, dove si può scavare?
La storia, non quella sotterranea di vestigia così importanti e intoccabili, ma l’altra del tentativo di cambiare pezzi i città con interventi importanti, si ripete con oramai incessante ritmo.
Prima di Caricamento, si era fermata Corvetto, sotto gli occhi severi di Giuseppe Mazzini e quelli increduli di Vittorio Emanuele II, dove un cantiere “giace” oramai all’aprile scorso tra la Scalinata mazziniana e il fronte occidentale della piazza. Dovevano scavare per dare spazio a una galleria del futuro e vitale nodo ferroviario di Genova. E per questo avevano pure chiuso al traffico pedonale il sottopassaggio che porta verso via Roma dal fondo di via Martin Piaggio.
Ma altolà! Si sono dovuti fermare al primo colpo perché sotto la collinetta che scende dalla Villetta i Negro e dal piazzale contiguo erano spuntate le immancabili vestigia.
Per fortuna hanno riaperto il sottopasso, ma è rimasto il cantiere che cinge la piazza più centrale di Genova, dove tutto è fermo. Chissà fino a quando.
Ma prima di Caricamento e di Corvetto c’era stata la Loggia di Banchi, quello sì il vero ombelico genovese, dove erano finalmente partiti, dopo decenni di discussioni, polemiche, i lavori per realizzare quello che aspettano tutti, il famoso Museo della Città, il biglietto da visita di Genova, il riassunto della sua Storia, della sua Potenza, della sua Gloria millenaria.
E dove se non lì, nel luogo in cui Gilberto Govi andava a “prendere due raggi” con gli occhi chiusi e i passanti, scambiandolo per un mendicante, gli mettevano in mano qualche soldo_ come racconta la sua famosa gag comica?
Lì alla radice degli antichi moli, alle spalle di San Giorgio e dell’antica costruzione (oggi scomparsa) nella quale Marco Polo, il veneziano imprigionato dai nemici genovesi, aveva scritto il Milione.
E invece ancora altolà! Nessuno aveva pensato e supposto che aprendo il pavimento della mitica Loggia si spalancasse il vecchio mondo di quelle storiche epoche. E quindi cantiere fermo e la Loggia prestigiosa chiusa nel silenzio dell’attesa e impacchettata da transenne e ben lontana dalla realizzazione del suo destino di diventare quel prestigioso biglietto da visita per le valanghe di turisti che sciamano dal Porto Antico, dall’Acquario e rimontano verso i “caruggi” e i loro tesori e possono solo sbirciare il monumento per antonomasia della storia che vanno scoprendo.
Si può continuare l’esemplificazione dei cantieri che si fermano in attesa di pareri autorevoli e, per carità, imprescindibili nel nome della nostra storia incancellabile.
Ma le domande sono inevitabili: non ci potevano pensare prima di incominciare a scavare, non potevano, in una città così ricca di storia, chiedere agli esperti, trovare soluzioni diverse, prevedere utilizzi differenti dei monumenti o dei luoghi che si vogliono cambiare e che hanno nelle loro viscere i tesori nascosti?
Si rimane un po’ sconcertati, scorrendo la nostra vicenda di trasformazione genovese. In fondo non siamo anche la città che, senza colpo ferire, ha distrutto la casa di Nicolò Paganini e sventrato senza scrupoli quartieri interi, come Madre di Dio e Piccapietra, che ancora ci mangiamo le mani, osservando i “Giardini di plastica” al posto degli struggenti angoli spazzati via e esaminando gli spazi un po’ sperduti nella modernità di via XII Ottobre, le vetrate rotte della ex Rinascente, i mendicanti appollaiati sul retro del palazzo Costa, la piazzetta con gli alberi-spinaci intorno alla statua di Guido Rossa, i dintorni anonimi del Palazzo di Giustizia e di via delle Casaccie……
Forse ci vuole un po’ di prudenza e magari una vision complessiva, che esca da quella delle grandi opere in voga oggi che Genova è in ostaggio di ben altri cantieri kolossal.
Forse ci vuole qualche virtù fondamentale, come quelle che ispiravano la loggia prevista proprio a Caricamento in attesa della visita di re Carlo Alberto di Savoia nel 1835, come ha ricordato in un suo articolo sul “Secolo XIX” l’imperdibile Aldo Padovano, che ha ricostruito la lunga e ultracentenaria storia di quella piazza.
Fede, che tutto si aggiusti, Sapienza, per non cadere sempre negli stessi errori, Pietà per i cittadini che subiscono i disagi degli errori di previsione…….