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di Claudio Mangini

Adesso è evidente: i sogni cullati dopo il filotto a cavallo fra ottobre e metà dicembre (19 punti in 9 partite: media 2,1), tra Ascoli e Reggiana, vanno riposti nel cassetto. La doccia fredda nel momento del tentativo di salto di qualità – Ricordate? Le prime somme si tireranno dopo la sosta -, quattro partite un punto, hanno emesso un verdetto inequivocabile: la Sampdoria 2023-24 deve pensare a salvarsi possibilmente senza affanni, guardandosi le spalle e mantenendo la razionalità. Il resto verrà, non da solo, sia chiaro: va studiato, programmato e attuato con testa fredda e senso della prospettiva. Se poi il recupero dei molti titolari di qualità ai box consentisse una nuova serie positiva ci si potrebbe togliere qualche soddisfazione. Ma illudersi sarebbe l’errore più grande. E in questo il realismo con cui Matteo Manfredi, nelle poche occasioni in cui ha preso la parola pubblicamente (l’ultima alla serata per Vialli al Carlo Felice) senza mai concedere nulla ai voli pindarici è segno di grande realismo e concretezza.

Ma andiamo per ordine e partiamo dalla fine, cioè dagli ultimi risultati negativi. Sui quali incidono certamente errori individuali e di capacità collettiva di affrontare i momenti-spartiacque in campo, la clamorosa ecatombe di titolari (infortuni e squalifiche) e le decisioni arbitrali che hanno penalizzato la squadra blucerchiata. Andrea Mancini lo ha detto con garbo, certamente non lo stesso con cui il padre si ribellava a certi torti quando indossava la maglia della Sampdoria. «Meritiamo rispetto», ha sottolineato il giovane ds, e sarebbe il minimo, il dovuto: poter giocare ogni partita ad armi pari con gli avversari. Ma così non è. La sensazione, forse di pancia ma insistente, è che le accuse di una certa presunta benevolenza del Palazzo nel salvataggio della Sampdoria si stiano scontando tutte adesso. Non si parla di complotti, ma di un atteggiamento che sembra evidente. Più facile prendere decisioni a cuor leggero (sbagliate, inique) quando di fronte hai una società forzatamente povera politicamente com’è la Sampdoria oggi.

La Sampdoria ha un presidente vero (Manfredi, fate caso, in società lo chiamano tutti così) che non è il presidente e un presidente di nome (Lanna) che non è nelle condizioni di agire da presidente. Il Cda che doveva formalizzare la nomina del primo (Manfredi) è slittato ormai da mesi (prima data orientativa suggerita a suo tempo: fine novembre dell’anno scorso); la nomina al momento è rinviata a data da stabilirsi, così come il closing. Ovvio che, in questa situazione, la caratura della Sampdoria società sia precaria. Ma se questi ritardi potevano non essere compresi fino a qualche tempo fa, ora – con la notizia dell’indagine della Gdf su plusvalenze e false fatture (presunti addebiti riferibili, nel caso, al passato e non alla gestione attuale) – risulta chiaro questo temporeggiare. Il concetto è chiarissimo: tenere ben separato il presente dal passato. Non solo: in società figura ancora come azionista Massimo Ferrero. Ovvio che, in questo momento, chiunque interessato a entrare in società (portando denaro fresco) stia ai margini a osservare gli sviluppi della situazione ed è altrettanto scontato che, in una situazione del genere, la Sampdoria società sia rispettosissima delle regole e non provi in nessun modo a forzare i paletti che ne limitano l’operatività sul mercato.

Dunque, avanti piano. Sperando che possa arrivare almeno un difensore centrare dopo l’interessante Augustin Alvarez e che si possano recuperare alcuni dei giocatori ai margini in questo momento. I fatti sono sotto gli occhi di tutti: quanto sia pesata in termini di equilibrio in campo e personalità la perdita di Borini, assurto al ruolo di leader, e successivamente quella di Esposito, oltre alle altre, è fuori discussione. Qui, naturalmente, serve un’altra attenta indagine interna, senza andare a caccia del capro espiatorio. Ma l’operato del settore di preparazione atletica e di recupero infortunati, oltre a quello sanitario, meritano un approfondimento. Il dato che balza sotto gli occhi in modo più clamoroso è la diaspora degli infortunati, dispersi tra Desenzano, Liverpool e Barcellona per sottoporti a cure riabilitative e recuperi. La sensazione è che non si conoscano o si sottovalutino le professionalità (indubbie) presenti sul territorio.

Insomma, serve analizzare con lucidità il presente, fare le correzioni dovute nei vari settori e andare avanti nel costruire il futuro. Una promozione in serie A non si costruisce né in fretta né in affanno né per caso. Facciamo un esempio: se il Parma, in serie B, può permettersi di far partire dalla panchina uno come Benedyczak si capisce quale sia la differenza di caratura tra una realtà e l’altra. In questo scenario qualcuno ha rievocato il fantasma di Beppe Iachini, l’uomo del miracolo del 2012. Suggestivo pensare alla concretezza dell’uomo col cappellino. Ma Pirlo ha dato un’impronta di gioco a una squadra dei cui problemi di organico abbiamo parlato. Se contro Feralpisalò, Bari, Venezia e Parma è arrivato un solo punticino, il colpevole non è certo lui. Dunque, vista la sbandierata fiducia nei suoi confronti e la collocazione all’interno del progetto, non varrebbe la pena di rinnegare tutto.

Si deve andare avanti, passo passo, e programmare il ritorno in serie A per restarci – auspicabilmente bene – entro il 2026. Il cammino – questo è scontato - è lungo e non facile.