In lungomare Canepa non si potranno superare i 50 chilometri l’ora. Giusta decisione. La strada, cantieri permettendo, è considerata una strada “veloce” dove “i soliti idioti” potrebbero schiacciare l’acceleratore per provare il brivido di Le Mans anche a Genova, città particolarmente portata per le folli velocità stradali. Magari immaginando rallies, corse in salita, come quelle che si facevano un tempo, la Pontedecimo-Giovi, o la salita fino a Creto.
I 30 all’ora a Genova sono una velocità spesso obbligata perché non si potrebbe andare più velocemente. Immaginiamo la mobilità in centro, in via Ceccardi e in via Fieschi dove all’ingombro di auto che ormai tranquillamente sostano in doppia fila, si aggiunge quello dei furgoni, cresciuti enormemente da quando si è diffuso il costume della spesa on line e consegnata a domicilio.
I furgoni sono uno dei motivi principali dell’ingolfamento allucinante di Genova. I poveretti che fanno questo nuovo lavoro un tempo viaggiavano in due: uno stava al volante e l’altro consegnava. Oggi queste “vittime” sono soli sul mezzo. Lo guidano nel caos, si devono fermare possibilmente davanti al luogo di consegna e lo stesso autista scende, porta il pacco e ritorna al mezzo, mentre da una coda forsennata s’alza un concerto di clackson e dall’interno delle auto bloccate una pioggia di insulti.
Sono un vespista ma riconosco che le velocità ci sono e sono quasi tutte prerogativa di moto e scooter ormai diventati padroni assoluti delle vie di Genova, delle corsie, liberi di zigzagare e, soprattutto, di sorpassare le code di auto e bus mettendo a serio rischio chi temerario attraversa sulle strisce pedonali.
I 30 all’ora non li può decidere Salvini, ma soltanto il sindaco. Cioè colui che conosce bene, molto bene la città che governa. Così a Genova dove la faccenda si complica e molto per la conformazione della città: lunga e stretta, tutta in salita, piena di “creuse” e vicoli (dove spesso circolano, si fa per dire, automezzi) attraverso strade di quartieri nati con la grande speculazione degli anni ’60 e ’70 dove si pensava solo e soltanto alla cementificazione spinta, senza immaginare dove i futuri residenti avrebbero lasciato le automobili che, nel frattempo, si moltiplicavano e si ingrandivano. Provate a salire al Lagaccio, a Oregina, in Circonvallazione (posti auto soltanto sui marciapiedi!), verso Quezzi o sopra Struppa e ditemi dove si posteggia la macchina. Logicamente per motivi si sicurezza solo un sindaco può decidere se una strada dritta e larga può consentire una velocità superiore ai 50 chilometri l’ora.
Insomma, la polemica sul “30 assoluto” mi pare abbastanza inutile e fuorviante, mentre sarebbe molto più importante che a Genova si aprisse un confronto serio (cioè partecipato e soprattutto che abbia un inizio e una fine certa) sulle pedonalizzazioni. I pedoni non hanno più spazi a Genova.
Credo che siano indispensabili nuove zone pedonali a determinate condizioni. Cioè che chi va a piedi e viene da un quartiere lontano dall’area pedonale sappia dove parcheggiare o possa raggiungere la zona con un mezzo pubblico decente. Mi pare che le nuove direttive sul trasporto pubblico offrano soluzioni molto interessanti e innovative. Certo è più facile rendere il bus o l’ascensore gratuiti piuttosto che pedonalizzare una piazza (come la stupenda piazza Colombo in parte fortunatamente salvata dai benedetti dehors, o Fontane Marose) o una strada come via Roma o via XXV Aprile. (Avete visto che in via Garibaldi c’è un traffico pesantissimo con soste orribili? Evviva i poveri Rolli!).
La salvaguardia del commercio è assolutamente imprescindibile, riconoscendo al commercio, ai negozi, una straordinaria funzione di vitalità urbana e anche di sicurezza, ricordando, però, quale furono le reazioni anche dei commercianti quando coraggiosamente qualche sindaco scelse di pedonalizzare via San Vincenzo e poi il Quadrilatero e infine, via San Lorenzo.
Insomma, decidere una zona pedonale comporta la consapevolezza di fare spesso qualcosa di impopolare (almeno per una parte dei cittadini) e l’impopolarità soprattutto in tempi pre-elettorali è una azione eroica.