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3 minuti e 12 secondi di lettura
di Mario Paternostro

 Se Maurizio Rossi, nella sua analisi, esprime seri dubbi sul futuro dell’aeroporto di Genova e, ahimé, sull’altisonante “Alta Velocità” che da quarant’anni ci dovrebbe portare a Milano in cinquanta minuti e , soprattutto, in cinquanta minuti dovrebbe portare i milanesi a Genova, ragionamenti fatti come si dice con i “piedi saldamente a terra” da un genovese che ha dedicato all’argomento giornate intere in commissione Trasporti del Senato di cui era membro critico e studioso, a me oggi viene da immaginare (o temere) una Genova senza aeroporto, senza alta velocità e senza autostrade “normali”. Intendo dire un’isola di Genova dove si arriverà chissà come, magari via mare o come faceva Napoleone, valicando gli Appennini, qua e là, dal Turchino alla Scoffera.

Ammetto che le volte che vado a Roma, ora senza orari e obblighi, scelgo la mia macchina. Idem per andare a Milano. Gli orari dei voli sono scomodi quasi quanto quelli dei treni, quel treno immaginato negli anni ’70, che proprio una ventina di anni fa nella trasmissione “Destra-Sinistra” di Primocanale avevamo chiamato non più “treno veloce”, ma più obbiettivamente “treno velocetto”.

Una Genova senza aeroporto e al posto delle piste e della stazione? L’animo verde dell’anziano mi spinge a sognare un immenso parco sul mare di Sestri (non certo un’altra piazza di containers!) , una replica ingrandita di quello che Renzo Piano ha disegnato alla Foce. Finalmente un grande spazio per i bambini nella città che, da questo punto di vista, cioè la vita dei bambini, ha riservato molto poco. Stretta, ripida, di pietra. Soprattutto quando si guarda la cosiddetta periferia. Per fortuna c’è il Porto Antico a dare ossigeno!

Da Sestri dovrebbe salpare la funivia così contestata che salirebbe ai monti, fino ai forti e alla stupenda Grande Muraglia Genovese. E allora nel sogno dell’anziano che si trasforma velocemente in un delirio, ecco che la funivia potrebbe non fermarsi a Granarolo o al Righi, ma….diciamo così… proseguire in un passaggio ininterrotto sulle vallate genovesi, fermandosi qua e là per far salire o scendere passeggeri e arrivare al di là del monte. A Tortona, per raggiungere Maurizio Rossi e Edoardo Rixi il 2 gennaio del 2027 nella pizzeria a brindare con la birretta sul….

Sul “treno veloce” che ci porta a Milano in 50 minuiti? Macché. E come potrebbe esserlo avendo a disposizione un binario unico da spartirsi con i convogli pendolari che legano Milano al suo hinterland, quelli sì efficienti e frequenti.
Restano le autostrade. Beh non mi direte che immaginate per i prossimi dieci anni che le autostrade Genova-Padania si liberino di cantieri, tralicci, corsie uniche, cambi di corsie, ingorghi, Tir, eccetera?

Per ipotizzare qualche obbiettivo realistico il numero perfetto o quasi è 10, Dieci. Cioè, dieci anni, quando gli ultimi giovani genovesi, in cordata sul Bric del Dente o il monte Penello passeranno dall’altra parte per cercare un lavoro pagato adeguatamente, lasciando Genova a disposizione totale dei vecchi, di quei vecchi che dieci, venti anni prima parlavano di “treni veloci” (ex terzo valico, ex supertreno ecc. ecc.) e che fra dieci anni staranno seduti sulle comode panchine che i successori di Bucci avranno sistemati nel bosco di Sestrimare, tra i pini estirpati dalla Spianata di Castelletto (tra le lacrime di Giorgio Caproni) e reimpiantati dove i gabbiani infastidivano spesso decolli e atterraggi del Colombo-Fiumicino.

Insomma, in attesa di soluzioni praticabili e, soprattutto, certe nei tempi, il mio delirio ha tutti i diritti di occuparsi della mia mente. Così finisco addirittura per veder sfrecciare uno skymetro che, lasciatosi Staglieno alle spalle, risale la mitica “45” per raggiungere Montebruno, dove la mongolfiera di Sophie Blanchard atterrò fortunosamente all’inizio dell’800, scambiata addirittura per la Madonna, scivolando poi giù verso le Tre Provincie, Alessandria, Pavia e perché no? Anche Piacenza.

A proposito… per il pranzo del 2 gennaio 2027 a Tortona, scelgo una “pugliese” con cipolle e bevo una Menabrea, grazie.