“Prestazione in denaro o in derrate, che viene corrisposta a intervalli determinati di tempo quale corrispettivo del godimento di un bene, per lo più immobile, in base a un contratto”. Secondo la Treccani, questo - fra gli altri - è il significato della parola “canone”.
Noi tutti lo paghiamo nella bolletta elettrica, per volere dell’allora premier Matteo Renzi, che così decise di combattere l’evasione di quanto dovuto (sic) allo Stato che poi lo utilizza per la Rai (che comunque non manca di forti incassi pubblicitari). Il dato è questo: basta possedere un televisore e devi pagare. Punto. Ecco perché, in realtà, si tratta di una imposta legata al possesso.
Qui, però, non interessa tale aspetto, bensì il fatto che, teoricamente, chi paga il canone tivù ha diritto ad un servizio. Per giunta un servizio pubblico, essendo la Rai una società di Stato. In realtà non è così. Secondo la Corte Costituzionale siamo di fronte ad una imposta, quindi non c’è alcun nesso fra il pagamento e l‘erogazione di un servizio.
Questa cosa bisognerebbe raccontarla agli abitanti di Arma, Taggia, Riva Ligure, Bussana, Castellaro, Pompeiana e delle altre zone, in tutta Italia, dove basta un po’ di maltempo per provocare la sparizione del segnale di Raiuno, Raidue e Raitre. Una volta si ovviava ricorrendo allo ”Standard definition”, però adesso non si può più.
Ovviamente non è colpa del cittadino. E neanche della Rai, si potrebbe obiettare. Forse. Ma l’azienda incassa dallo Stato una quota importante del canone e non si preoccupa di rifondere gli eventuali disservizi. I “teleutenti” dell’area armese hanno scritto a viale Mazzini e sono in attesa di una risposta. Io scommetto che non arriverà. E’ andata così in molte altre parti del Paese, in parecchie occasioni. Dunque, non sarebbe una novità.
Il buon senso e la buona creanza direbbero altro. Invece resta solo il diritto di indignarsi. Come rimane che la Rai riceve dei soldi nostri per svolgere un servizio pubblico, ma se ad esempio l’Arpal emette un’allerta gialla, o peggio rossa, neanche ci pensa - con il terzo canale regionale – ad andare in diretta per informare i cittadini su che cosa accade e sulle eventuali limitazioni indotte dal maltempo.
In fondo non c’è da sorprendersi: da una parte ciò non è dovuto, anche se paghiamo (dal primo gennaio il canone è sceso a 70 euro), dall’altra è inutile dannarsi l’anima se una fetta di popolazione non potrebbe vedere e ascoltare niente di niente!
P.S. Anche al segnale di Primocanale può capitare di finire oscurato, a causa del maltempo o delle diavolerie causate dai nuovi sistemi tecnologici. Però c’è la sostanziale differenza che per vedere questa emittente (o le altre tivù private) non si paga neanche un centesimo. Eppure, nonostante ciò, Primocanale è puntualmente in diretta appena c’è un’allerta o un evento eccezionale. Chi svolge davvero il servizio pubblico in Liguria?