Amedeo Peter Giannini, chi era costui? Un nome quasi sconosciuto, che un libro presentato in un castello di Genova fa riemergere con una evidenza quasi choccante.
Giannini era un figlio di emigrati dal Levante genovese verso le “Meriche”, alla fine dell’Ottocento, che è diventato il banchiere più potente del mondo, il creatore e padrone della Bank of America, 6 miliardi di dollari di patrimonio, 117 filiali, nel Novecento la banca più rinomata che esistesse.
Giannini è stato svelato l'ultima volta dal libro di Giorgio Chiarva, imprenditore piemontese, che oggi vive in Liguria, affascinato dalla storia di questo super protagonista genovese, capace di riassumerne la vita. Anzi le tante vite.
Questo libro è stato scritto sulla spinta di un altro grande genovese, Giuliano Montaldo, grande regista di film come “Marco Polo” e “Sacco e Vanzetti”, recentemente scomparso, amico di Chiarva, anche lui affascinato dalla storia di Giannini che pochi in Italia e a Genova conoscono e che, invece, meriterebbe una grande memoria scolpita e insegnata.
Il libro è stato presentato nei giorni scorsi nel castello Mac Kenzie di Genova, un piccolo gioiello sul crinale del Righi, che è gestito da Marcello Cambi, altro personaggio genovese di rara inventiva, raffinato antiquario e il maestro delle aste di antiquariato, ma anche intellettuale e inventore di locali nei luoghi chiave della storia zeneise, che sono decollati nel centro storico e in via Garibaldi, una specie di genius loci che la città riconosce a fatica come capita allo stile understatment zeneise troppo spesso.
Giannini raccontato da Chiarva nel suo libro e presentato nel castello, davanti a un pubblico folto e qualificato, anche dal sindaco Marco Bucci, la persona giusta per raccontare un genovese-americano, riassume in se la storia profonda del Novecento, vissuto dall’altra parte dell’Atlantico in una posizione incredibile di “scalata” al successo mondiale nella finanza, nell’imprenditoria, nelle scelte che hanno lanciato non solo il grande cinema, i suoi grandi protagonisti, ma perfino le grandi opere pubbliche e i piani di assistenza all’Europa e all’Italia alla fine della seconda guerra mondiale.
Nato nel 1870 e morto nel 1949, figlio di un emigrato, che gestiva un piccolo albergo nella allora quasi spopolata California, Amedeo Peter Giannini, ha vissuto le vicende cruciali del suo tempo da grande protagonista, dopo essere diventato il presidente della banca di suo suocero e averla trasformata nella “sua” banca, la “Bank of Italy” poi diventata “Bank of America”, la prima della finanza mondiale.
Partendo da un credito concesso agli emigrati come lui, prevalentemente sulla fiducia nelle loro forze e nell’inventiva del genio italiano, questo personaggio era perfino scampato al devastante terremoto del 1904, che aveva distrutto san Francisco. Tra morte e distruzione aveva fatto ripartire la banca e il tesoro in oro, che i suoi forzieri custodivano e che si erano salvati dalle terribili scosse del “big one”.
Da allora, dagli sportelli bancari inventati sulle banchine del porto per aiutare la popolazione distrutta Giannini non si era più fermato. La banca entrò non solo nelle famiglie abbienti e facoltose ma anche nella classe media e in quella “piccola”, che non osava bussare agli sportelli. E grazie a lui le pratiche bancarie si semplificarono e divennero accessibili a tutti.
Aveva ovviamente finanziato operazioni immobiliari, imprenditoriali, grandi e piccole, scalando perfino Wall Street, aveva superato la crisi del 1929 con il suo fiuto anticipatore e sfidato vittoriosamente, uno a uno, i grandi della finanza americana Jp Morgan, Rotshild, Rockfeller .
Aveva etica e principi che venivano dalle sue origini profonde, che lo portavano a tornare spesso in Italia, anche nella sua terra di origine, la Liguria di Favale di Malvaro, ma anche Roma, Napoli.
Fu lui a scoprire e lanciare un gigante come Walt Disney, suggerendogli perfino le prime favole, come per esempio “Biancaneve e i Sette nani” e poi gli altri personaggi della mitica galleria disneyana, a incominciare da Topolino.
Fu lui a scoprire Charlie Chaplin, che chiedeva aiuti per il suo primo film muto, intuendone il genio immortale. D’altra parte se Hollyood è stata creata lì, trasferendo da New York i primi studi cinematografici, lo si deve a questo figlio di immigrati, che aveva cominciato a lanciare in California le prime sale cinematografiche, intuendo le potenzialità di quello spettacolo. E anche uno dei film leggendari dell’epopea americana, “Via col vento”, è stato finanziato da Giannini.
L’occhio lungo, il fiuto, derivato da una capacità di analizzare attraverso le sue antenne economiche la società americana lo spinsero anche a essere il primo finanziatore di un’altra icona americana di quegli anni, il Golden Gate, il ponte di san Francisco, che si deve ai capitali della sua Bank of America. Aveva ovviamente rapporti stretti con i leader di quegli Stati Uniti d’America, che vivevano l’inferno delle due grandi guerre mondiali, la prima che spinse l’industria americana a crescere, ma anche a produrre per aiutare l’Europa, che combatteva nelle trincee e la seconda nella quale gli americani morirono a centinaia di migliaia per aiutare a sconfiggere le dittature naziste e fasciste. E alla fine, davanti a un Continente in macerie e alla sua Italia distrutta e divisa, fu lui a spingere il presidente, Francis Delano Roosvelt, a finanziare il piano Marshall. E fu lui a versare i capitali per la costruzione di ben 2500 navi Liberty, essenziali nelle loro strutture, per far rinascere la flotta mercantile europea e italiana, colata a picco nel conflitto. A lui grandi armatori, sopratutto genovesi, come Costa, Cameli, Ravano e tanti altri devono la loro riscossa sul mare.
Non è poco, anzi è molto, e costituisce come un aggancio a quelle origini lontane nell’entroterra di Chiavari, che Giannini non scordò mai.
Il racconto di Chiarva nel suo libro “Il banchiere galantuomo” e l’entusiasmo del sindaco Bucci, che in quella storia ha trovato tanti spunti di ottimismo nel futuro in tempi così difficili anche per una America che si allontana da noi, sono stati una bella provocazione, partita dal castello di Marcello Cambi a mezza strada tra il cuore di Genova e il Righi, sotto i forti settecenteschi che Genova vuole recuperare con un’operazione ardita.
Giannini l’avrebbe finanziata già da molto tempo. E la sua terra a parte questo libro, un francobollo e una cerimonia in Parlamento qualche anno fa, non ha fatto molto per ricordarlo, tanto che si può tranquillamente sostenere che Amedeo Peter Giannini è un grande genovese, ma quasi sconosciuto.