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di Alessandra Repetto*

Il mio punto di vista non è di una ciclista, ma di una persona che vede, a causa di questo codice della strage, allontanarsi il sogno di una città delle persone, quel tipo di città che si è realizzato nelle città più vivibili del mondo, come Copenaghen, Zurigo e sempre più città spagnole negli ultimissimi anni, a dimostrare che non sono solo le città scandinave ad essere civili.

In un contesto drammatico come quello che pone l'Italia 23esima su 30 paesi dell'unione Europea per morti su milioni di abitanti, dove l'80% delle vittime sono utenti vulnerabili, il 73% degli incidenti avviene su strade urbane, si cerca di rendere sempre più difficile ai sindaci delle città istituire zone 30, zone ztl, aree pedonali e vengono azzerate o depotenziate tutte le nuove norme che sono state fatte a favore della ciclabilità, sebbene non alcora sufficienti, che ci avevano fatto fare un grande passo verso l'europa. Non si fa nulla per agire sul fattore velocità che, responsabile del 23% delle morti, la causa più frequente di morte.

Ci si concentra sulla cause del 5% degli incidenti, perchè con più impatto mediatico, droga e alcool, e sulla distrazione per cellulare, ma andando a limitare i controlli e le sanzioni e quindi rendendo fondamentalmente l'inasprimento delle pene inefficace. Un codice della strada non è un articolo acchiappaclick. Non dovrebbe essere propaganda. Il nostro ministro dei trasporti ci è riuscito e sto chiedendo agli assessori e al sindaco una posizione.

*Fondatrice di genovaciclabile