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di Matteo Angeli

Milano, Bologna, Pisa, Torino e Genova. Sale e parecchio la tensione nelle università italiane, sempre più in fibrillazione per la situazione a Gaza, con prese di posizione che stanno facendo discutere.
E far discutere è stata la scelta dell’Università di Torino che per prima ha bloccato tramite il Senato accademico, il bando di collaborazione con le università israeliane, in aperto dissenso con la politica adottata dal premier Benyamin Netanyahu, dopo l’attacco sferrato da Hamas al suo Paese il 7 ottobre scorso. Così è stata accolta una richiesta dei collettivi studenteschi e una lettera firmata da 1.700 persone, tra docenti e ricercatori.
Ora gli studenti dei vari atenei italiani chiedono che si segua questa linea ovunque. E lo fanno con modi non sempre urbani come accaduto qualche giorno a Genova dove il rettore Delfino è stato aggredito verbalmente e minacciato a gran voce.

“Di fronte allo scenario internazionale attuale, l’Università di Genova non intende rinunciare al suo ruolo di ponte culturale e di attivatore di azioni diplomatiche mirate alla distensione e alla ricerca della pace": è questa la risposta che il rettore a dato a Primocanale.

C’è un clima di allerta sugli episodi di intolleranza nelle università italiane. Il Viminale parla di «preoccupazione» e di «attenzione alta» e per questo starebbe anche pensando di far presidiare le entrate dei principali atenei cosa che ha scatenato anche reazioni politiche. E così c'è chi parla di un clima che ricorda quello che avrebbe portato poi al terrorismo, chi invece giustifica le proteste.

«La violenza contraddice l’essenza stessa dell’università, sede naturale del pensiero critico». È dunque da «condannare qualunque atto teso a silenziare con la prevaricazione l’opinione altrui» evidenzia la conferenza dei rettori delle università italiane (Crui), al termine dell’incontro avuto a Roma, con il ministro dell’Università e della ricerca, Anna Maria Bernini, in cui è stato annunciato "l’impegno ad ascoltare le idee di tutti nel rispetto della legalità".

"Non accettiamo più nessuna complicità tra il nostro Ateneo e Israele. Chiediamo la recessione immediata di tutti gli accordi di cooperazione con il comparto militare industriale, con la Nato e le imprese pubbliche e private israeliani complici del genocidio in corso" è l'urlo dei collettivi. 

Solo sei mesi fa un’ondata di occupazioni studentesche aveva chiuso scuole e università in tutta Europa per alzare i toni sul cambiamento climatico. Ora il clima è stato messo da parte, spazio alle proteste pro Palestina. A prescindere da come la si pensi giusto che l'Università resti luogo di confronto e di dibattito. Nei limiti della decenza e della legalità.