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3 minuti e 6 secondi di lettura
di Franco Manzitti

Perché la paura delle guerre mai così vicine non ci attanaglia oggi che i pericoli sembrano diventati da lontani rumori un tuono sempre più forte? Viviamo una Pasqua mai vissuta dalla fine del secondo conflitto mondiale. I tamburi che annunciano il ricorso alle armi sono le minacce esplicite dei leader mondiali, i calcoli degli strateghi, gli incidenti come quelli di Mosca, considerati la miccia indiretta, il segnale come Serajevo, che ci riporta alla rottura di equilibri, il timore che la deterrenza nucleare non sia più il limite invalicabile.

Viviamo andando in vacanza come se niente fosse, come se ancora tutto fosse lontano. Guardiamo solo con in po' di apprensione le generazioni dopo la nostra, immaginando che potrebbero non avere la fortuna nostra di boomers, che l'hanno scampata bella: la prima e unica generazione nella storia dell'uomo a non essere toccati dalla guerra, noi europei che assistevamo alle guerre eterne come se fossero cinema o magari strimpellando una chitarra: “C'era un ragazzo come noi che suonava i Beatles e i Rolling Stones...”. Il Vietnam delle ribellioni giovanili, cortei, manifestazioni e cosa è rimasto?

Anche il Kossovo, che è lì a due passi, era lontano, non ci riguardava seppure le bombe che cadevano là avevano anche la nostra firma. E la Siria e l'Afganistan, dove pure qualche ragazzo italiano è morto nei contingenti di pace e Beirut. Il Medio Oriente, Israele e le guerre dietro l'angolo che oggi si incendia no anche per noi.....Incidenti della storia, con un ombrello protettivo che ci garantiva. Sempre, fino ad oggi...

Oggi si fanno i calcoli su quanti soldati mancherebbero a un esercito italiano in un esercito europeo, del quale non possiamo e non vogliamo immaginare nulla, se non ascoltando qualche stratega militare, qualche professore esaltato che parla nei talk show in tv. Si cambia canale e fine.

La paura è come in una zona a parte del nostro cervello, come se fosse una fake news che lampeggia sul telefonino.

Siamo diventati così e forse è un vantaggio essere diventati così, in una società che si affida agli algoritmi per calcolare i rischi, che sta per affidarsi alla Intelligenza Artificiale per immaginare di governare il mondo e le nostre vite.

O forse è una disperazione perchè non abbiamo più capacità di reazione collettiva in democrazie smangiucchiate nel loro valore, con le autocrazie che divorano le mobilitazioni o le lanciano e alimentano il leaderismo scatenato, facendo polpette della selezione dei migliori, dei più saggi, dei più dialoganti. Salvo i sindaci e i presidenti di regione, non scegliamo più noi chi ci rappresenta, ma fa tutto quella macchina infernale dei vecchi partiti, che abbiamo imbarazzo a chiamarli così, diventati cordate, circoli ristretti, mai riuniti in assemblee autentiche, ma solo in kermesse che sono show pirotecnici, pieni di star e senza politica autentica. Leader che salgono e scendono con velocità pazzesche. Tutto questo ci allontana dalla coscienza di quanto accade veramente e allora anche la guerra con il tuono sempre più vicino, che dipende da qualche leader che ha fatto diventare la democrazia una farsa un po' ovunque nel Mappamondo, sembra un algoritmo che si può risolvere con qualche tocco finale.

Se Trump non vince negli Usa, se il dittatore nordcoreano la smette di lanciare missili, se la Cina alla fine non attacca Tajwan, se in Siria finalmente finisce, se...
Abbiamo rimosso la pandemia dei milioni di morti come se fosse stato un incidente di percorso malgrado i lutti in ogni casa quasi, ne aspettiamo un'altra come se fosse, in fondo, inevitabile e non ci prepariamo pure. Figurarsi una guerra!

Che società siamo diventati, mentre prepariamo la festa di Pasqua, la Resurrezione di Cristo, partendo per le vacanze, tagliando la colomba, rompendo le uova di cioccolato? Che società ci hanno fatto diventare?

(Foto Ansa)