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di Franco Manzitti

GENOVA - Paolo Odone è stato un tessitore, un uomo che la matrice di famiglia, quelle radici di grandi commercianti di tessuti, aveva trasferito nella sua personalità pubblica. Aveva una predisposizione naturale e istintiva a costruire, a tessere appunto rapporti, a farsi carico di problemi e trovare soluzioni. Con uno stile che veniva dai geni forti di una tradizione spiccata, fatta di educazione, convinzioni, ottimismo, fiducia.

Ricordarlo oggi, un anno dopo, non è solo un dovere, il modo di riempire un vuoto, ma anche scegliere l’ottimismo della sua spinta. Per questo l’evento organizzato per giovedì mattina da Confcommercio e Camera di commercio, denso di riflessioni sulla sua personalità, con tante testimonianze e due fili conduttori principali, va considerato come un contributo a proseguire sulla sua strada, che non va persa, ma che è difficile perché i tessitori come lui sono una razza rara. Soprattutto in questa città e in questi tempi complicati.

In qualsiasi momento lo incontrassi e in qualsiasi circostanza il suo approccio era sempre gentile, ma fermo e soprattutto propositivo. Che aspettarsi da un personaggio che ha retto la Camera di Commercio per quasi 20 anni e la Associazione dei Commercianti per un tempo maggiore?

Ha attraversato gli anni densi di una grande trasformazione soprattutto nei suoi settori di responsabilità con quel piglio dolce e frontale.

Sono tanto datato da ricordarlo nelle prime uscite pubbliche, anni Settanta-Ottanta, in un Civ della zona centrale della città. Aveva capito che bisognava fare un’azione comune per ottenere risultati di sviluppo del commercio in tumultuoso cambiamento e allora non era facile per la conformazione politica della città e le visioni ancora strette sul dilemma: città industriale o città turistica.

Da quella sua spinta sarebbe nato il Quadrilatero, quella grande zona pedonale di fianco a via XX, un modello che si insegue anche oggi.

Vincere la battaglia per la presidenza della Camera di Commercio contro un’altra soluzione più “industriale” è stata una delle svolte che hanno indirizzato la città sulla scia delle Colombiane e in vista del 2004. Odone ereditava in via Garibaldi 4 un ruolo che aveva avuto protagonisti forti come Gian Vittorio Cauvin, ma dopo una lotta di successione sanguinosa. Bisognava tenere una barra dritta e stare dentro al grande gioco di uno sviluppo complesso.

C'erano in campo personalità forti, più nel mondo della Finanza e dell'impresa che nella politica dove i partiti stavano sfaldandosi: Giovanni Alberto Berneschi, il play maker di Carige, che sarebbe poi così rovinosamente caduto, ma che aveva allora la forza di un governatore, non solo della città, ma di un intero sistema.

C'era il Cavalier Flavio Repetto, imprenditore di grandi successi e anche protagonista nel mondo finanziario.
La politica cambiava e in parte si indeboliva nei suoi protagonisti, ma era pur sempre il tempo di “o con Berlusconi o contro Berlusconi”.

Paolo Odone navigava in quel mare, dove gli interlocutori che ha visto sfilare uno dopo l'altro erano i sindaci, eletti direttamente, Adriano Sansa, Beppe Pericu, Marta Vincenzi, Marco Doria e infine Marco Bucci. I presidenti della Regione, Giancarlo Mori, Sandro Biasotti, Claudio Burlando e infine Giovanni Toti. E il porto con le sue vicende complesse e i suoi presidenti molto diversi, Rinaldo Magnani, Giovanni Novi, Luigi Merlo, Paolo Emilio Signorini..... Insomma una vera folla di leader cittadini e regionali che Paolo con cui si è confrontato, uno a uno, uno dopo l'altro, dalla tolda genovese dei suoi incarichi.

Il suo occhio più attento, oltre alla difesa delle categorie che rappresentava, era per le infrastrutture.
Si deve a lui se il Terzo Valico è andato in porto, perché è proprio grazie alla sua tessitura che quel treno veloce, da Genova e Milano, è diventato anche a Genova un pezzo fondamentale del Corridoio 5 europeo.

Si inventò lui la costruzione dei rapporti con i soggetti interessati da Rotterdam fino a Genova, partecipando alla cifra record di 500 incontri per convincere le realtà territoriali di tanti Paesi dell'utilità di quella linea che sarebbe sbucata nel tratto finale a Genova. Era un suo vanto, mai ostentato, ma spesso rivendicato: “Ho fatto cinquecento incontri per convincere tutti...”

E ci era riuscito, risultando alla fine, con non molti altri uomini di buona volontà genovesi, l'artefice di quella operazione, la cui conclusione stiamo ancora aspettando.

Non è facile immaginarlo oggi in ansia nell'attesa che il 2026 sia veramente la data finale per un'opera della quale Odone aspettava le conseguenze, calcolandole una ad una nel rilancio di Genova, nell'espansione del turismo, nella valorizzazione immobiliare.

Poi c'era l'altro suo fronte di una personalità proprio bifronte, molto più nascosto, ma forse ancora più vivo: la passione per la Storia, per quella della sua città, per Colombo e la sua scoperta per le radici della sua famiglia, di cui ti parlava con una passione e un entusiasmo spesso spiazzante.

Era il “cotè” culturale di un uomo che il mestiere conduceva verso l'operatività, l'azione, le decisioni da prendere, le scelte di uomini e soluzioni, i confronti con tanti soggetti diversi. Una specie di compensazione che non era solo per la storia ma per le nuove tecnologie. Aveva antenne molto vivaci sui cambiamenti, ma anche per le operazioni che meritavano rispetto e spesso sostegno che non lesinava.

Il resto, ma poi forse l'aspetto che più commuove e commuoverà giovedì mattina, dalle 9,30 di mattina nella Sala Borsa, veramente il suo salotto, era l'umanità, la generosità, la fiducia senza riserve, in particolare concessa ai suoi, a quelli che gli erano più vicini, una vera squadra che è ancora là.