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3 minuti e 50 secondi di lettura
di Franco Manzitti

L'immagine quasi onirica di un viaggio indietro nel tempo mi ha fatto apparire una strada di Genova, via Palestro, completamente libera dalla doppia cintura di ferro delle macchine. Non era un sogno: erano i lavori di asfaltatura di questa strada, in salita da Piazza Corvetto in su, che sta liberando, oramai quasi non più perché i lavori non sono finiti completamente, il terreno dalle centinaia di quattroruote che la soffocano sui due lati e anche di più, fino al grande muraglione sotto Circonvallazione a Monte. Visione onirica e paradisiaca, perché di colpo quella strada, non certo affascinante ma pur sempre uno degli assi chiave per il collegamento con le alture dal centro, appariva larga, spaziosa, libera, faceva risaltare la ininterrotta teoria di palazzi ottocenteschi, uno dietro l'altro, in scala proporzionata con qualche ciuffo di verde qua e là, la cura degli architetti di un tempo che fu.

Che belle le strade senza macchine. Che spettacolo della città se fosse così, invece che quel serpente ossessivo che strangola soprattutto il centro ma non solo.
A valle di via Palestro in questi mesi il centro di Genova, è un delirio di traffico, di macchine accatastate in doppia, terza fila. L'apertura in sincronia di tanti cantieri, Corvetto strozzata a monte e a valle da quelli della metropolitana e del nodo ferroviario, via XII Ottobre da un cantiere sulla destra di chissà quali tempi e modalità, via Fontane chiusa da tempo, Fontane Marose oramai in tripla fila, via Ceccardi, una giungla.

La situazione è tanto caotica che perfino i vigili hanno la mano leggera e lasciano posteggiare dove si può, altrimenti scoppierebbe una vera rivolta.
Dove le mettiamo le macchine a Genova, dove le mettiamo le moto, i mezzi a due ruote che sono in percentuali alla popolazione le più numerose in Italia?
Ci avevano detto: abbiate pazienza, ci saranno i cantieri e sarà tutto difficile. Ma così oramai salire in macchina è un incubo non solo sulle autostrade, ma anche in centro.
Per non parlare delle alture, qualsiasi altura, da quelle eleganti di Circonvalmonte a quelle nazional popolari di Oregina, via Napoli, san Teodoro, di Sestri, di Berghini.
In certe ore serali, se parti per cercare un parcheggio ti salutano come se potessi diventare un disperso in alta montagna. Parti e non sai quando mai tornerai. Le famiglia ti saluta, dandoti la buona notte. Possono passare ore e allora tanti vale rivedersi la mattina dopo.

Dove hai posteggiato? E con un po' di vergogna cittadina e di rabbia confesserai che sei arrivato sotto il Righi, dove si spera tra qualche anno arriverai, forse, con la funivia.
Genova non affronta da tempo il problema del parcheggio nella illusoria convinzione che il traffico delle auto diminuirà, che si sceglierà il mezzo pubblico. Illusioni pure.
Anche se funicolari e ascensori sono gratis, provate a salire su un bus di quelli delle linee più frequentate. Sono affollati come via Palestro quando non è in corso l'asfaltatura e le macchine sono una sopra l'altra. E viaggiare è come una gimkana. Ti appendi, sperando di mantenere l'equilibrio, schiacciato tra un sedile e quelli che salgono e scendono a getto continuo.
Insomma il problema non viene affrontato non certo solo da questa giunta, ma anche da quelle prima e la obsoleta questione delle zone pedonali o delle chiusure non può essere affrontata semplicemente perché non si sanno dove mettere le macchine. Altro che Marose, via XXV Aprilem via Roma pedonalizzate, come il Quadrilatero, che ci era voluto il coraggio di uno come Paolo Odone, appena celebrato a un anno dalla sua scomparsa, altro che via Garibaldi che ci era voluto un Burlando giovane, e pimpante non troppo “vasto”, altro che san Vincenzo.......
Qui non si chiude e non si chiuderà nulla.

Le grandi opere, le vision future sono tante e belle, le inaugurazioni una via l'altra un bel autocompiacimento, ma bisogna pensare anche alla realtà quotidiana, nella quale il traffico è come il pane. Non si può passare nella gimkana così tanto tempo, non si può girare a vuoto o restare in coda nella trappola di Corvetto per ore alla settimana.
Studiate come in tutta Europa grandi posteggi sotto terra, dentro alle colline, che sono anche nel cuore di Genova, anche sotto i muraglioni, abbiate visioni sotterranee non solo quelle degli orizzonti portuali.

Scavate, usate le talpe, talpe veloci, non come quella dello scolmatore del Bisagno che è partita dalla Cina un anno fa e non è ancora arrivata. Forse sta navigando nel mare di Barents, Altrimenti ci addormenteremo sdraiati per terra in via Palestro vuota e sarà un sogno che dura fino a quando la macchina asfaltatrice ci sveglierà con il suo bip bip.