Non basta un'agenda, ne servono due, non basta un portavoce, ne servono almeno un paio, non bastano 24 ore al giorno, ce ne vorrebbero 36. Nel lontano 1997 gli 883 cantavano "La dura legge del gol", oggi esiste un'altra legge, quella del voto. Che è altrettanto dura. E allora, si chiama campagna elettorale, ma si legge "sfida da dentro o fuori". Così, a pochi giorni dall'election day dell'8 e 9 giugno, i leader politici in primis, i candidati all'europarlamento in secondo luogo, percorrono in lungo e in largo il Belpaese per raccontare l'Europa che vogliono, o forse, meglio dire, l’Italia che stanno costruendo e quella che costruiranno. Perché questa campagna elettorale per le Europee (si vota anche per le Amministrative) si è trasformata in terreno di scontro per le questioni più locali che internazionali. D'altronde, la posta in palio è molto alta, per tutti o quasi, i big in campo.
Giorgia Meloni detta “Giorgia” misura l'indice di gradimento personale e del suo partito, oltre che del governo, Elly Schlein deve, prima consolidare la sua leadership all'interno del Partito Democratico, poi mandare un segnale a potenziali alleati e competitor per far sapere che è diventata lei la "sfidante" della premier. Anche se, ci permettiamo di dirlo, al momento lo è già, considerando il dualismo al "femminile" che si è creato in questo anno e mezzo. Antonio Tajani vuole incoronare Forza Italia a partito moderato, di centro, liberale e popolare, sia in Italia che in Europa, e per farlo, si affida a una competizione che corre su un doppio binario. La prima nei confronti della Lega, l'obiettivo è superare il Carroccio e diventare seconda forza di governo; la seconda è una sfida più centrista con i leader di Italia Viva e Azione, per intestarsi quel ruolo mediano che gli azzurri professano.
Dicevamo degli altri due candidati, Matteo Renzi e Carlo Calenda, i gemelli diversi della politica, i nemici mai amici, che proveranno a superare la soglia di sbarramento, fissata al 4%, per contare qualcosa in Europa. E poi c'è l'altro Matteo, Salvini, che insieme a Giuseppe Conte ha deciso di non scendere in campo per questa tornata elettorale ma che, con la mossa del generale Vannacci, tenterà di non affossarsi da solo, quando la base e gli esponenti del partito gli chiederanno conto del risultato ottenuto. E i vari Zaia, Fedriga, Giorgetti, potrebbero già essere alla finestra per il ruolo di segretario. In queste settimane in Liguria, dove l'attenzione è alta per la maxi inchiesta che ha coinvolto i vertici della Regione e del porto, si sta consumando la parata dei leader politici, e ultimi a transitare per la striscia tra mare e monti, solo in ordine di tempo, sono la segretaria dem Schlein e il segretario nazionale forzista Tajani, che domani sarà a Rapallo e successivamente nel capoluogo ligure, nello stand allestito in via XX Settembre.
Oggi è la giornata ligure di Elly, prima a Rapallo per incontrare i giovani imprenditori e il candidato sindaco del centrosinistra Francesco Angiolani, poi a Genova in calata Mandraccio, con i segretari Natale e D'Angelo, e i candidati alle Europee. Un banco di prova per la segretaria, che nella regione e nel capoluogo che da subito ha creduto in lei (nella sfida con Bonaccini alle Primarie, nel primo round quando si votò nei circoli, Schlein prevalse solo qui ndr), è chiamata a riempire uno dei luoghi principali del porto antico. Un comizio per testare il "sentiment", termine oramai inflazionato ma efficace, in vista delle possibili Regionali, qualora il voto anticipato non fosse più solo una suggestione. E un riconoscimento (doveroso) per il lavoro svolto dalla dirigenza genovese e ligure, e dai tanti militanti che hanno trainato la sua vittoria alle Primarie del febbraio 2023.
"Non ci hanno visti arrivare" recitava, e all'uso recita ancora, lo slogan schleiniano che, dalla Liguria, sperano di trasformare in: "siamo arrivati, o meglio tornati", nelle piazze e tra la gente. Perché la politica, da destra a sinistra, deve ripartire sempre dall'origine, ovvero dalle persone, dall'incontro e dal confronto, anche a costo di qualche insulto o rimostranza. Ed essere tornati in strada, tra la cittadinanza, può essere la chiave di volta per tutti i partiti, a partire dal Pd, che negli anni è stato tacciato di snobismo. E allora, l'agenda è rovente, le scarpe anche, tra una corsa e l'altra su e giù per lo stivale, in una gara a chi fa più incontri. Saranno poi le urne a dare un senso alla dura legge del voto.