Quarant’anni fa, il 6 giugno del 1984 era un mercoledì e faceva molto caldo. Il 17 giugno si sarebbero svolte le elezioni europee. Quel mercoledì Roberto Speciale, segretario ligure del Pci, il partito comunista italiano, accolse a Genova Enrico Berlinguer, segretario generale, accompagnato dall’inseparabile Tatò.
“Li accompagnammo all’hotel Plaza e tornammo a prenderli poco prima del comizio che si sarebbe svolto in piazza Verdi”. Berlinguer parlò davanti a una folla di compagni e compagne, ma non solo. Il momento era cruciale. In febbraio era stata tagliata la scala mobile e si preparava il referendum, eravamo in pieno scandalo P2, a Genova si riaccendeva il caso del “mostro di Bargagli” e faceva la sua tragica comparsa l’Aids.
“Berlinguer ci aveva chiesto di trovare una piazza operaia e noi individuammo Riva Trigoso con il cantiere dove doveva essere aperta la nuova sezione del partito. Così, dopo il comizio di Genova andammo a Sestri”.
L’accoglienza fu particolarmente calda. Lo testimoniano le riprese di Cristina Pitruzzella. Una bambina di tredici anni offrì al segretario il tradizionale mazzo di fiori. Era la futura sindaco Valentina Ghio. La piazza era piena di famiglie con bambini urlanti.
Enrico Berlinguer parlò sobriamente come sempre. Un quarto d’ora.
“Vengo anche dove ci sono argomenti che chi mi scrive mi propone. Qui esistono grandi tradizioni operaie e Riva Trigoso è una roccaforte del Pci e recentemente ci sono state lotte degli operai contro il decreto che taglia la scala mobile.”
Raccomandò di andare a votare alle europee.
“Ogni giorno – disse dal palco - qualcosa rivela l’importanza del voto. In tutta Europa in questi mesi ci sono lotte su temi comuni: si lotta conto i tentativi di scaricare la crisi sui lavoratori, si lotta per la difesa del reddito, per l’occupazione. L’unificazione europea è necessaria sopra le divisioni politiche per trovare una unità di progresso contro la conservazione. Compagni, l’Italia è unico paese dove i socialisti sono alleati con i conservatori. E lottano contro il Pci. Ora il pentapartito è allo sfascio, la maggioranza sgangherata e rissosa sta sfaldandosi. Sprofonda nella vergogna della P2. Bisogna votare impedire che un governo in agonia vada avanti”.
Berlinguer era rimasto impressionato da tutti quei bambini, festosi, le immagini ne riprendono uno che, probabilmente imitando i genitori alza il pugno verso il palco. “Quanti bambini” commentò aprendo il suo discorso.
C’era una grande bandiera con la falce e il martello a fare da sfondo e prima delle parole in piazza fu diffusa a tutto volume “Bandiera rossa”.
Dieci anni fa, in occasione di una celebrazione sempre a Riva, venne Massimo D’Alema e dopo aver visto il filmato di quel giorno dell’84 sottolineò come il leader avesse “un volto stanco e sofferente”, rilevando che erano i segni “del peso che portava. Non fece un discorso brillante – raccontò D’Alema – perché non era nel suo stile. Per lui la politica era passione, era soprattutto un esercizio di responsabilità, era un dovere. Trasmetteva sempre una tensione etica. Ma era in privato anche spiritoso, come quando lo accompagnai in quello che sarà il suo ultimo viaggio a Mosca. Non sopportava di mettersi il colbacco, era diverso da tutti quei leader comunisti del mondo intabarrati sul palco del Pcus. Non li sopportava e così si era portato due incredibili cappellini tirolesi…La sua umanità – conclude D’Alema – emerge dal sorriso timido anche verso le donne che lo adoravano”. Ecco nell’antico filmato il segretario che sceso dal palco è letteralmente sommerso da donne e bambini e lui, sta lì in mezzo, quasi non riesce a camminare, sorridente ma non troppo. Finché il sorriso non si apre davvero.
“Perché aveva visto il leudo in mare con quella vela latina”. D’Alema ricorda l’episodio dal palco nel 2014. “In barca era un maestro. Di fronte ai capi di Mosca disse che la libertà è un valore universale. Lui e Aldo Moro avevano fiducia l’uno dell’altro. Una fiducia reciproca. Per la nostra generazione loro sono le due grandi personalità.”. Poi un’ osservazione molto attuale, ahimé. “La politica è necessaria. Poi c’è stata un’ eclisse della politica, si pensava di poter fare a meno dei partiti. Se la politica perde peso vuol dire che il potere si sposta nelle mani di chi ha le ricchezze. E’ un fatto automatico”. Così D’Alema nel ricordo di quel 6 giugno.
Berlinguer indossava una giacca “pied e poule” su un maglioncino. Eppure faceva un caldo terribile quella sera a Riva.
L’ultima intervista genovese (e sarà poi l’ultima intervista del leader comunista) la fece Teresa Tacchella in un albergo vicino alla stazione Brignole. Rispose Berlinguer: “In Europa serve un’Italia senza evasori, tangenti e P2”. “Una sfiducia che può tradursi in astensionismo? – gli chiese ancora la giornalista. “È comprensibile che ci siano dei fenomeni di sfiducia data la condizione del nostro Paese, il modo in cui è stato ed è governato. Tuttavia, pensiamo che non votare significhi lasciare il campo libero ai responsabili dei guasti di cui soffre l’Italia e dei problemi non risolti che sono all’origine della sfiducia dei cittadini. E quindi, noi pensiamo che si debba votare e che il voto possa esercitare un’influenza sulla vita del Paese, possa contribuire a dare più forza a coloro che lottano per cercare di cambiare lo stato delle cose”.
E dopo? Racconta ancora Roberto Speciale. “Cenammo a El Pescador poi riaccompagnammo Berlinguer e Tatò al Plaza. La mattina dopo lo andammo a salutare prima che partisse per Padova”.
Era il 7 giugno 1984 a Padova: Berlinguer avverte un malore sul palco. Si legge chiaramente sul suo volto, si ascolta nelle parole trascinate e spesso incomprensibili. Nonostante la spaventosa sofferenza il segretario comunista va avanti, va avanti fino alla fine . Poco dopo entrerà in coma fino alla data della sua morte, l'11 giugno 1984. I funerali si svolsero a Roma il 13 giugno. Mai vista tanta gente a un funerale nella storia della repubblica.
Fa bene alla salute rivedere il filmato di Cristina Pitruzzella, che Walter Veltroni inserirà nel suo film “Quando c’era Berlinguer”. E’ il segno forte di uno stile oggi così difficile da ritrovare.