Forse è venuto il momento di fare un bel “rimpastino” a Palazzo Tursi per trovare la poltrona dell’assessore alla Cultura? Il ragionamento è questo. Il sindaco di Genova fa anche l’assessore alla Cultura (incarico che in una città che ha scoperto davvero alla grande la sua vocazione turistica di élite, è strategico). Così come in Regione Liguria, l’assessore alla Cultura lo faceva il presidente Toti. Logicamente Toti aveva “girato” il lavoro pesante a Jessica Nicolini con l’incarico di coordinatrice culturale. Dopo il terremoto giudiziario il ruolo di assessore alla Cultura è svolto dall’ex vice del governatore, Alessandro Piana.
In Comune, come abbiamo più volte sottolineato, manca un assessore specifico che sia il responsabile “politico” delle scelte e delle strategie culturali, in un momento particolarmente delicato proprio perché è un settore che a livello regionale è ahimé “politicamente azzoppato”.
Quest’anno Genova gioca giustamente la carta del suo superbo Medioevo e il prossimo anno, probabilmente, la scena culturale potrebbe essere riservata al grande Risorgimento. Insomma, quanto mai necessario che a occuparsi di questo settore, magari aggregandovi anche le tematiche collegate del centro storico, sia una persona specificatamente individuata, magari anche tecnicamente preparata. Uno che abbia da fare solo questo e non mille altre faccende tutte importantissime.
Non si tratta solamente (si fa per dire) di inventare e organizzare mostre, ma di disegnare strategie e legare il tutto con la gestione della città antica che è, ça va sens dire, il naturale palcoscenico della storia culturale di Genova. Lo è evidentemente per il Medioevo, tra torri, logge, chiese e chiostri, ma lo sarebbe anche per il Risorgimento.
Si affermava da Palazzo Tursi che non c’erano più assessorati disponibili, altrimenti si sarebbe superato il limite massimo consentito. Beh, a questo punto forse sarebbe necessario uno sforzo aritmetico e logistico (o solamente di fantasia) per trovarne uno da chiamare magari “assessorato alla Cultura e al Centro storico”, ritornando con la mente ai tempi illustri, quando di centro storico si occupava il professor Ennio Poleggi che, guarda un po’, è stato l’inventore dei Rolli.
L’impegno di politica culturale per Genova ormai, grazie allo straordinario successo di pubblico dei Rolli, ma non soltanto di questi, è enorme e Marco Bucci è caricato da una mole di impegni futuri pazzesca. E checché se ne dica, in questo momento drammatico è solo. Solo davanti alle strategie di un porto “nelle nebbie”, solo davanti ai maxi-progetti sulla mobilità, solo davanti ai nodi e alle incognite del mondo del lavoro. Avere a fianco un vero assessore alla Cultura potrebbe dare al primo cittadino una boccata di ossigeno.
A meno che non ci siano questioni di equilibri politici-partitici che ostacolano questa strada.
Le scelte politiche, in questo momento tormentato, sono troppo importanti, anche per evitare errori.
Penso con fastidio a quello che è successo poche settimane fa a Portofino, dove una incredibile scelta politica ha fatto sì che una piazza-paese venisse ceduta a un miliardario per un evento di strombazzatissime ”cafo-nozze”, di fatto chiudendo al pubblico una località meravigliosa. Si dirà. Grande visibilità! Tanti soldi! E’ un luogo “esclusivo”!. Sarà che io detesto tutto ciò che è “esclusivo” proprio perché “esclude”. Preferisco sempre l’”inclusione”, tanto più in un luogo pubblico che non può appartenere a una amministrazione civica e da questa essere affittato a piacimento. La buona politica deve fare in modo che le necessità, diciamo così, di mercato si coniughino con la tutela dei luoghi d’arte e bellezza che appartengono a tutti, senza alcuna possibile esclusione. Mi trovo pienamente d’accordo con quanto ha dichiarato lo storico dell’arte Giacomo Montanari, coordinatore proprio dei Rolli Days genovesi e cioè che in questa occasione si è trattato di “affittare un paese come se fosse un appartamento privato da cui si può decidere di cacciare tutti i non invitati”.
Per fortuna non credo che il sindaco di Genova abbia in programma di affittare Boccadasse a un magnate russo (categoria oggi, peraltro, piuttosto in disarmo) per una festa di addio al celibato o piazza De Ferrari, fontana compresa (escluso il palazzo della Regione), per una prima comunione. “Ci sono valori non negoziabili, come il valore dell’accesso a tutti, poveri e ricchi, di beni, luoghi e cultura” dice ancora Montanari.
Però la gestione politica della Cultura merita particolare attenzione e anche che a questi argomenti sia dedicato molto, moltissimo tempo.
E le ore della giornata sono ventiquattro. Non una di più. Dunque….