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di Mario Paternostro

L’autonomia delle regioni, un sostanziale spezzatino di leggi, regolamenti, usi e costumi, ma soprattutto di servizi ognuno costruito secondo i gusti del governante di turno, sia di destra, sia di sinistra, non mi piace. Anzi. Mi preoccupa molto. Mi preoccupa, in particolare pensando alla Liguria.

Ora sappiamo perché ce lo raccontano in tutte le salse da alcuni decenni ormai (purtroppo) che la nostra è una regione di anziani, addirittura fino a qualche anno fa la Liguria veniva portata come esempio di territorio di vecchi a livello europeo, quindi per questo, ingolfata da esigenze e necessità molto particolari, tali da essere argomento di studio in prospettiva.

Stando agli ultimi dati statistici è ancora così. Con una caratteristica negativa che si sta paurosamente accentuando: aumentano i vecchi e scappano i giovani, che vuol dire che non c’è in vista alcun ricambio generazionale. Invecchia il nostro territorio e dopo non c’è nessuno.

La politica di ogni colore fino a oggi non è riuscita non dico a invertire questa tendenza che sarebbe probabilmente impossibile, ma almeno a frenarla, a ridurla offrendo ai giovani occasioni importanti, tali da convincerli a giocarsi il loro futuro tra La Spezia e Ventimiglia, Genova compresa. Niente fabbriche, poche innovazioni, persino i prestigiosi professionisti di vent’anni fa che spengono le luci o si trasferiscono.
E noi siamo favorevoli all’autonomia? È una sciocchezza, perché semmai la Liguria dovrebbe sempre di più legarsi al Nord Ovest e oltre ritornando a sognare (ma dandosi da fare) quel Ge.Mi.To (qualcuno se lo ricorda ancora?) che segnò gli anni Ottanta. Cioè una santa alleanza totale tra Genova-Milano e Torino. Considerando, ovviamente, che l’unica vera chance della nostra città è il porto, è avere il mare davanti.

Per non parlare della sanità. Una regione anziana è una regione molto vulnerabile (ci chiamano così oggi).E noi pensiamo di farci la nostra sanità locale e localissima? Mi piacerebbe finalmente conoscere quali sono i dati della migrazione sanitaria dalla Liguria a Lombardia e Toscana, ma anche Piemonte. Questa giunta decennale non li fornisce mai. Prima i giornalisti avevano a disposizione quasi mensilmente i numeri della liste d’attesa e, soprattutto, di quelle che perfidamente chiamavamo “fughe” a Milano negli ospedali che una sanità lombarda esaltatissima offriva ai suoi concittadini.

Ho sempre combattuto contro quelli che esaltavano troppo spesso la sanità privata convenzionata lombarda rispetto a quella pubblica ligure. Perché, per nostra fortuna, abbiamo ancora ottimi medici e generosi infermieri. Anche se a lavorare male in strutture ospedaliere che risalgono a quel santo geniale di Ettore Vernazza.
Mi preoccupa, però, una nostra sanità autonoma. Anzi noi proprio perché “vulnerabili” più degli altri dovremmo cercare unità, collaborazione, scambio. Considerando che anche noi abbiamo specificità di alta qualità da offrire agli altri.

Con l’autonomia non rischieremo di chiuderci a riccio soli tra i nostri guai?

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