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di Luigi Leone

 

Il centrosinistra ha bisogno di un federatore. E’ dai tempi in cui era presidente dell’Iri, visti i danni provocati a Genova, che Romano Prodi non mi sta simpatico. Ma questa volta devo dargli ragione: a livello nazionale e ancor più se parliamo della Liguria. Stiamo alla nostra regione: alle recenti elezioni europee e poi alle amministrative il Pd ha fatto bene. In alcuni casi molto bene. Eppure se si andasse oggi alle urne per le regionali siamo così sicuri che il centrosinistra vincerebbe

Bisognerebbe trovare un successore a Giovanni Toti, il governatore travolto dall’inchiesta giudiziaria. Ma nonostante le buone premesse, per il centrosinistra rimarrebbe elevata la possibilità che sia l’antagonista ad avere la meglio. Proprio perché ad oggi non esiste la figura che abbia il compito di mettere insieme un’alleanza vincente.

Anche il programma, certo. Però sono più o meno dieci anni che da quella parte lì ci raccontano quale Liguria (e quale Paese) vorrebbero: la sanità pubblica, l’attenzione ai più poveri e ai deboli, il lavoro, l’industria e non soltanto il turismo. Inoltre, no al premierato, no all’autonomia regionale differenziata, no a tutto ciò che possa avere il sapore di rigurgiti del Ventennio. Oh, non è che i liguri siano scemi, hanno capito. E come dimostrano i risultati elettorali, in moltissimi casi condividono pure.

L’asino, però, casca quando bisogna decidere chi deve rappresentare quelle istanze, a chi davvero tocchi di dimostrare la capacità e la forza di succedere a Toti dal lato del centrosinistra, sconfiggendo chi gli metterà di fronte il centrodestra. Se il federatore e il candidato governatore debbano essere la stessa persona può meritare un dibattito. Ma senza che questo diventi l’alibi per allungare i tempi della scelta o addirittura per una non scelta. 

In tal caso, peraltro, la responsabilità non sembra poter essere ascritta al Pd e a suoi eventuali obiettivi egemonici. In poche parole: la sinistra-sinistra deve arrendersi all’idea di non avere la verità rivelata in tasca e che quindi ci si può e ci si deve alleare sul serio anche a costo di fare delle rinunce. Parimenti, il Movimento Cinque Stelle non può andare avanti seguendo la logica che se il candidato è grillino va bene e se invece non lo è allora diventa preferibile andare da soli. Non sono le sole cose che bisogna chiarire prestissimo. Però sono le più evidenti.

In tutta questa vicenda, non è che si possa fare una colpa al Pd di essere il partito più forte dell’ipotetica coalizione. Questo lo decidono gli elettori e finora, anche in nome di un’antica tradizione soprattutto nel Genovese, è andata esattamente in questo modo. Ai democratici, di conseguenza, tocca la responsabilità più grande, che è quella di esprimere il candidato. Ma per condurlo alla vittoria il Pd da solo non basta. 

Ognuno mantenendo la propria identità, ci mancherebbe, tuttavia è necessario che il centrosinistra si unisca dietro un sol uomoChe non vuol dire un uomo, o una donna, solo al comando. Significa, però, dare agli elettori un nome e un cognome per il quale spendersi, perché sa scaldare i cuori, sa far sognare e ha la credibilità per affrontare anche i problemi più difficili. In caso contrario, rimane il pericolo dell’ennesima sconfitta. Provando a interpretare, il Professore direbbe: “E allora, che vogliamo fare?”.