Non ho molta voglia di parlare della politica attuale. Allora preferisco, come faccio spesso con il mio amico e collega Franco Manzitti, rileggere le storie del passato perché mai come ora possono servire a capire anche quello che sta accadendo oggi.
Ebbene, il 21 agosto del 1964, esattamente sessant’anni fa, moriva in Urss a Yalta, Palmiro Togliatti, il capo storico del Pci, il partito comunista italiano che fu sempre il più grande in Europa fuori dall’Urss. Alle elezioni del 1958 sfiorò gli otto milioni di voti. Togliatti in agosto era in vacanza nella terra che lo aveva ospitato durante il fascismo, quando fu colpito da un ictus. Nonostante l’intervento di grandi medici i sovietici non riuscirono a salvarlo. Lasciò a futura memoria quel celebre “Memoriale di Yalta” destinato al capo del Cremlino, Nikita Krusciov, che in quei giorni Togliatti non riuscì a incontrare. Era un nuovo passo in avanti sulla cosiddetta “via italiana al socialismo”, sui rapporti con l’Urss e sulla necessità che i partiti socialisti avviassero profonde riforme democratiche.
Al suo funerale con corteo in piazza San Giovanni a Roma parteciparono oltre un milione di persone: niente di simile si era mai visto in Italia. L’anno prima, nel 1963, al funerale di papa Giovanni XXIII in piazza San Pietro c’erano oltre duecentomila fedeli. Questo per dire che cosa era allora un leader della sinistra. Perché il Pci era la sinistra e faceva cose di sinistra, come stare dalla parte degli operai. E affrontava così le divisioni e le crisi. Forse ogni tanto una rilettura del passato farebbe bene a tutti. Magari anche oggi, nella sinistra del campo largo-larghissimo che di più non si può.
Dunque Palmiro Togliatti era genovese, ma non tutti lo sanno. Già, perché nacque a Genova il 26 marzo del 1893 quando suo padre, Antonio, faceva l’economo del prestigioso Convitto nazionale Colombo di via Dino Bellucci che allora si chiamava via all’Albergo dei Poveri. Fu battezzato nella chiesa del Carmine col nome di Palmiro perché era nato la domenica delle Palme. Togliatti rimase a Genova soltanto quattro anni. Poi la famiglia si trasferì e Togliatti non ritornò molte volte nella su città natale.
Venne, per esempio, nel 1953 e sull’Unità apparve un articolo che raccontava l’infanzia di Palmiro al Carmine e anche le sue vacanze.
La casa era piccola e si affacciava su un grande cortile quello della scuola. Un appartamento modesto, tre stanze. Togliatti è nato in una di queste, la più piccola.
Era appena terminato il 1892, con le celebrazioni della scoperta dell’America. L’anno delle grandi feste colombiane, con un centinaio di navi di tutte le nazioni alla fonda, c’era stato uno storico corteo in costume, erano state realizzate grandiose costruzioni, tra cui un'esposizione di risonanza internazionale che aveva cambiato una parte della città.
Il Convitto Nazionale di Genova aveva partecipato alle celebrazioni, invitando rappresentanze di rettori, professori e alunni dei convitti di altre città italiane. E l’economo Antonio Togliatti - racconta il giornalista nel suo articolo - è rappresentato in una fotografia seduto in prima fila. “Devono essere stati, quelli, giorni difficili, carichi di preoccupazioni per il giovane economo che aveva addosso tutto il peso dell'intiera organizzazione, con tanta gente venuta di fuori da sfamare e da sistemare, avendo a disposizione magri bilanci affidati alle sue cure. Il giovane Antonio Togliatti era entrato da poco in possesso del suo ufficio a Genova, dov'era arrivato con la moglie Teresa Viale e i suoi due primi figlioletti Maria Cristina, oggi professoressa in una scuola media torinese ed Eugenio”, che diventerà titolare della cattedra di matematica all'Università di Genova. E’ morto nel 1977.
Ma che vita facevano i Togliatti con tre bambini? “L'economo deve abitare nel convitto ed Antonio Togliatti si adattò in quello stretto mezzanino dove condusse, per tutto il tempo che rimase a Genova, in quell'ambiente severo, una vita solitaria di studio, di lavoro e di intimità familiare, tra le ristrettezze che comportava il suo stipendio di funzionario dei regi convitti. La vita di collegio, d'altra parte, concedeva ben poche occasioni di uscire da quelle mura, se non per qualche prima al teatro Paganini.”. Che era abbastanza vicino, in via Caffaro.
La maggior distrazione e il più grande divertimento per i genovesi, così anche per la famiglia Togliatti, era costituito dalle passeggiate domenicali in campagna, fuori del centro della città. Andare in campagna significava in realtà allontanarsi poche centinaia di metri da Genova, salire a Manin, a San Francesco d'Albaro, a Castelletto o a San Nicola tra roseti, limoni, orti e ville. D’estate, quando il collegio si svuotava dei convittori, si trascorreva la villeggiatura sulle alture di Genova. Il primo anno Palmiro neonato passò le vacanze estive a Borzoli, poi bambinello a Granarolo, infine a giocare a San Desiderio di Bavari che divenne, fino al 1896, la villeggiatura della famiglia. Fu, infatti, nel dicembre di quell'anno che Antonio Togliatti venne trasferito a Novara e vi portò tutta la famiglia.
Togliatti, come ho ricordato, tornò a Genova nel novembre del ’63 pochi mesi prima di morire.
Visitò la sezione Perini di Cornigliano che aveva battuto un record completando il tesseramento del 1964 e iscrivendo al partito sedici nuovi compagni. Il lavoro di tesseramento era stato fatto da un gruppo di militanti, casa per casa. Dei nuovi iscritti più della metà erano donne.
Raccontano i documenti su quella visita, conservati nell’archivio-biblioteca della Fondazione Diesse di Genova che la sera di venerdì 15 novembre parlò Togliatti all’inaugurazione della sezione Gramsci-Olcese, la sezione dei portuali.
“Molto soddisfatto sono stato nel sentire che il compagno che mi ha preceduto ha rivolto un saluto anche ai compagni socialisti. Non so se siano presenti tra di noi dei compagni socialisti, ma il fatto che il segretario della vostra sezione abbia dato questo saluto significa molto. Significa che noi non chiudiamo gli occhi di fronte al problema dell’unità delle forze operaie, delle forze lavoratrici in questo momento, anzi proprio nel momento nel quale si potrebbe dire con maggiore perfidia che l’avversario conservatore, l’avversario politico cerca di inserire un cuneo tra noi e i compagni socialisti per separarci, per creare divisione, scissione, confusione, malinteso nelle file delle classi lavoratrici. Proprio nel momento in cui questa operazione dicono che potrebbe ottenere qualche successo, noi sottolineiamo di più il valore della unità tra i comunisti e i socialisti. Il valore dell’unità delle forze della classe operaia, e dell’unità delle masse lavoratrici nella loro organizzazione e nella loro lotta.“
I problemi di divisioni esistevano già e non erano da poco. Nel 1963 ricordiamo che si stava allargando l’esperienza del centro sinistra con i socialisti al governo con la Democrazia Cristiana. E che a Genova, nel 1961, era nata la seconda giunta di centrosinistra italiana, guidata dal grande sindaco democristiano Vittorio Pertusio, osteggiata in ogni modo dal cardinal Siri.
Togliatti, anche in quella occasione, insistette sulla necessità di una vera unità a sinistra. Capiva benissimo che aria stava tirando.
Continuò il capo comunista: “Non vi sembri, compagni, che quando io dico queste cose sia un sognatore. Qualcuno, forse, lo può pensare: tu sogni perché in questo momento i socialisti si stanno staccando da noi andando al governo, tu sogni una unità organica con loro. No! Io non faccio sogni. Io dico che questo problema esiste. E credo che noi dobbiamo porlo in qual modo davanti alle masse lavoratrici. Come un problema di dibattito, come un problema di discussione che deve essere affrontato nelle assemblee del nostro partito, in assemblee comuni tra noi e i nostri compagni socialisti in assemblee a cui partecipino anche i lavoratori cattolici i quali pure vogliono andare nella direzione di una modificazione delle strutture della società. Se noi andremo divisi (ma i grandi capitalisti sono sempre uniti contro di noi, questa la trovano sempre la forma delle loro unità). L’economia stessa li unisce.”.
Il 1964, nei primi mesi, la fatica politica fu enorme. Come rivelò nel 1988 il cardinal Siri, Togliatti aveva chiesto un incontro anche all’arcivescovo di Genova, allora presidente della Conferenza episcopale. L’improvvisa morte del segretario di Pci sconvolse tutte le carte della politica italiana.
IL COMMENTO
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