La sanità, l’energia (acqua, gas e luce), i trasporti, la scuola, il lavoro, le infrastrutture (essenziali per la Liguria, che ne è spaventosamente carente). Se fossi un vetero-comunista direi che ci deve pensare lo Stato e amen. Siccome non lo sono, ho di più l’idea che in ogni settore servano il decentramento a favore di Comuni e Regioni e il concorso del privato, anche se lasciando il controllo in mano pubblica.
Attenzione, però: non è che la presenza del privato deve ipso facto comportare da un lato il disimpegno della politica (a parte le manovre di consenso o, peggio, clientelari) e, dall’altro, l’inseguimento del profitto tout court. Le famose aziende pubbliche, e Genova ne sa qualcosa, sono emblematiche: più di una corrente di pensiero preme per la privatizzazione di quelle ancora esistenti, con l’obiettivo di migliorare la gestione.
Quesito: ma perché se le medesime aziende sono a guida pubblica devono per forza essere in perdita? Non è vero. E difatti senza andare tanto distante abbiamo esempi formidabili. La Fincantieri di Giuseppe Bono, purtroppo scomparso, ha saputo coniugare l’efficienza e l’utile pubblico, passando anche per logiche private.
Ricordo che Bono s’incazzava proprio quando noi giornalisti lo etichettavamo “l’ultimo boiardo di Stato”. In realtà era un modo per dimostrargli la nostra stima (la mia almeno). Ma era anche un espediente linguistico per utilizzare un concetto superato del passato in chiave innovativa: avere una visione complessiva della gestione. Non era l’unico, Bono. È una razza di gente (l’ultimo che mi sovviene è Roberto Cingolani di Leonardo) che aveva ed ha un pregio su tutti: non sfoglia il carciofo.
E qui sta il punto. Di tutte le materie che oggi rappresentano un’emergenza, in Liguria come nel resto d’Italia, non c’è stato governo che abbia avuto il coraggio di dire: facciamo questo e questo, secondo la nostra scala di priorità, mentre rimandiamo queste altre cose. Macchè. Indistintamente dal colore politico, e parliamo almeno degli ultimi 30-anni-30, gli esecutivi hanno preferito la strada delle piccole cose in tutti i campi, con il risultato che non hanno risolto un bel niente pur spendendo un sacco di miliardi di euro.
Il nostro debito pubblico, che prima o poi dovremo deciderci a ridurre, non ci consente lussi. Invece facciamo come se non esistesse. Ma ce la vedete una famiglia che pur oberata dai debiti non rivede le proprie spese? Invece è quanto accade.
Gli esempi sono infiniti e da stasera il Programma Politico di Primocanale se ne occuperà guardando alle regionali liguri di fine ottobre. Proprio rimanendo in Liguria, due cose mi vengono subito in mente. Finalmente si fa il Terzo Valico! Bene, bravi, bis. Solo fino ad un certo punto, però. Se non prevedi il quadruplicamento della Tortona, come a più riprese ha ripetuto l’editore Maurizio Rossi quando era parlamentare e non solo, il Terzo Valico non produrrà gli effetti voluti. Difatti…
Oppure prendiamo il raddoppio ferroviario del ponente ligure. Dopo anni di discussioni e battaglie si è fatto quello da San Lorenzo al Mare ad Andora: vuol dire che Genova e di conseguenza Milano e Roma sono più vicine a Ventimiglia? Ni. Anzi, no. Perché rimane la strozzatura a un solo binario fra Andora e Finale. Beh, sarà in progetto e ci saranno pure i finanziamenti. Errore, non c’è quasi niente.
Come dicevo, potrei continuare. Credo, però, che ci siamo capiti. Non ci sono progetti unitari comprensibili, bensì solo denaro speso a pioggia qua e là. Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha annunciato l’arrivo di 7 milioni in Liguria. Per carità, sono i benvenuti. Ma qual è il vero progetto complessivo del governo per la scuola? E qui che le falle italiane restano aperte: di regola, la toppa è peggio del buco.
Infine, parliamo un attimo di energia. Si è liberalizzato il mercato e le tariffe di gas e luce sono esplose. Ohibò, doveva essere il contrario. Il problema è che la liberalizzazione fatta così, al netto dei problemi causati dal conflitto russo-ucraino, fa abbastanza schifo. Nelle more si torna a parlare di nucleare: come, quando e con chi, però, non viene spiegato.
Eppure abbiamo due aziende, l’Ansaldo Nucleare e l’Ansaldo Energia, entrambe di Genova, che le centrali sanno smantellarle e sanno pure costruirle. Ma nessuno lavora davvero a un piano energetico nazionale. Si usa l’argomento solo come una clava politica, mentre le imprese vengono lasciate lì, in un brodo di tante parole e di nessun fatto. Fino a quando potremo andare in questo modo?