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Totò Schillaci ci ha lasciati a soli 59 anni, e con lui se ne va un pezzo indimenticabile del calcio italiano. Schillaci non è stato solo un attaccante di talento, ma un simbolo di speranza per chiunque creda nella forza dei sogni e della determinazione. La sua carriera è l'emblema del ragazzo di provincia che, con grinta e passione, arriva al vertice.

Quelle "notti magiche" di Italia '90 rimarranno per sempre nella memoria collettiva: i suoi occhi spiritati, le braccia alzate al cielo dopo ogni gol, e quella capacità innata di far sognare una nazione intera. Nonostante l'Italia non abbia conquistato il titolo, Schillaci ci regalò un'esperienza irripetibile, trasformandosi in un eroe nazionale in poche settimane. Da riserva, partì dalla panchina e finì per diventare capocannoniere e miglior giocatore del torneo, in un’ascesa che sembra quasi una favola sportiva.

Acquistato a soli 18 anni dal Messina esordì in B  tre anni dopo contribuì in maniera decisiva alla promozione dei siciliani in Serie B. Nella categoria cadetta, guidato da Franco Scoglio, giocò per altre tre stagioni, segnando 13 gol nel 1987-1988 e addirittura 23 nel 1988-89, quando fu capocannoniere con Zdenek Zeman in panchina. Fu quella stagione a lanciarlo nel calcio che conta, verso la Juventus che lo acquistò per 6 miliardi di lire. Già dalla prima stagione diventò titolare realizzando 15 gol in 30 partite di campionato. Contribuì in maniera decisiva alle vittoria del club bianconero in Coppa Italia e in Coppa Uefa. Queste ottime performance convinsero il ct Azeglio Vicini a convocarlo per il Mondiale del '90. Schillaci cominciò dalla panchina come riserva di Carnevale. Il resto è storia.
Nel 1992, con l'arrivo di Gianluca Vialli in bianconero, Schillaci decise di lasciare la Juventus. Passò all'Inter per 8,5 miliardi di lire, segnando in due stagioni 11 gol in 30 partite e partecipando al vittorioso cammino nella coppa Uefa dei nerazzurri, pur se aveva lasciato il club nell'aprile del 1994. Quindi il trasferimento in Giappone allo Júbilo Iwata dove diventa il primo calciatore italiano a militare nel campionato nipponico.Ma il suo spirito non si è fermato lì. Dopo aver appeso le scarpe al chiodo, Totò ha continuato a reinventarsi: dalla politica allo spettacolo, con la stessa grinta e voglia di mettersi in gioco che lo caratterizzava in campo.

Schillaci ci ha mostrato che non è importante solo vincere, ma come si vive il proprio percorso. Ci ha insegnato che anche un ragazzo di provincia può diventare un simbolo, se ha il coraggio di crederci. Addio Totò, i tuoi gol e il tuo sguardo da sognatore resteranno per sempre con noi.