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5 minuti e 36 secondi di lettura
di Franco Manzitti

Mi gira un po' la testa a seguire questa ennesima campagna elettorale della mia lunga, lunghissima carriera. Intanto è un po' improvvisa, necessariamente corta e piena di colpi di scena. Un po' l'intreccio con il grande processo in corso che l'ha provocata. Un po' i terremoti del quadro politico che suscitano scosse continue. Da quando non ci sono più i partiti tradizionali tutto è un continuo movimento, tra scissioni, accorpamenti, divisioni, improvvisi divorzi. E' uno scenario ovviamente nazionale, ma ci coinvolge eccome. Basta pensare al tormento di Italia Viva che appoggia Bucci in Comune, con tanto di assessore incorporato e poi deve lasciarlo perché il grande capo Renzi è entrato nel campo largo, larghissimo.
E poi nei 5Stelle questa contesa tra il fondatore, l'”elevato”, il genovese Beppe Grillo e il capo di oggi, avvocato Giuseppe Conte, a sua volta cresciuto tra le braccia professionali di un altro genovese, il celebre e stimatissimo avvocato Guido Alpa, come va a finire? Anche Genova ha vissuto la sua scissione penta stellata ancor prima della campagna, con la candidatura di Nicola Morra ex senatore grillino e oggi schierato in “Uniti per la Costituzione”, che lo candida come presidente in Regione, lanciato da Mattia Crucioli, genovesissimo, avvocato ultracombattivo e anche lui ex grillino, oggi consigliere comunale.

I voti che Morra conquisterà se li è forse persi il campo largo e non sono pochi, secondo i sondaggi di Primocanale e chissà dove finiranno... Ma la testa non gira tanto per queste scosse di una politica che noi vecchi cronisti della Prima, della Seconda Repubblica e magari anche della Terza, che forse è quella in corso e forse no, stentiamo a “riconoscere”. Spesso ci sembra più propaganda che politica, più immagine, visibilità, leaderismo o caccia sfrenata a tutto questo, piuttosto che sostanza, valori, principi e programmi veri, non “chiacchiere e distintivo”, come ci sembrano mostrare i personaggi sulla scena oggi. Siamo antichi e nostalgici, abituati a confrontarci con veri giganti della politica dura e pura, nella quale c'erano si i terremoti, le scissioni, qualche tradimento magari, ma anche la fedeltà fino alla morte( politica) dei protagonisti, dei leader ai valori base, alle regole dei partiti. Dobbiamo ricordare Aldo Moro ucciso dalle Br, o Enrico Berlinguer caduto sul palco del suo ultimo comizio, Craxi, morto esule e forse anche vittima di epici scontri nel finale della Prima Repubblica? Solo per citare i drammi, e non le sconfitte politiche, dopo scontri di idee, di linee, di strategie, di schieramenti, di scelte che hanno disegnato le sequenze alle quali siamo affezionati professionalmente come a spartiti con tenori di prima categoria, attori da Oscar, commedie anche, ma di gran classe. E allora come si fa non avere capogiri a seguire la rumba di cambi di bandiera, di voltagabbana, cui assistiamo in questi giorni in queste ore senza l'ancoraggio a valori di base, a democrazie interne, conquistate in discussioni, dibattiti confronti veri.

È finito il totismo e va be', ma questo dissolvimento, questa frantumazione, già incominciata prima della caduta, con i suoi fedelissimi che scappano chi qua chi là, la vivace Lilly Lauro a Fratelli d'Italia, il supernipote Marco Scajola, a Forza Italia, l'assessore-fratello totiano Giampedrone con la lista Bucci, per citare qualcuno tra i più noti, è uno spettacolo da vertigine. Il quadro si decompone un po' ovunque, per ricomporsi come in un gigantesco puzzle di pezze a colori. Quei due sventurati di Mauro Avvenente, assessore di Bucci che lascia Italia Viva per restare in Comune e Stefano Falteri, imprenditore di grido, ultra bucciano, che fa lo stesso, divorziando da Renzi, che altro potevano fare: tuffarsi nel “campo largo”? Rischiando magari di annegarci? Poi ci sono i recordman dei cambiabandiera, il mitico Giovanni Boitano, da Favale di Malvaro, settantenne mai stanco di cambiare casacca, nato all'ombra della storica Dc, transitato ovunque, passato e ripassato in Regione, anche con Toti e che ora si aggrappa a Bucci. E che dire di Stefano Anzalone, ex poliziotto ai tempi d'oro di Giovanni Palladini e della leggendaria Marilyn Fusco, deputato lui, vicepresidente di Regione con Burlando lei, passato in politica ovviamente con Di Pietro e poi transitato ovunque, in quello che una volta avremmo chiamato, sempre noi vecchi cronisti, il quadro costituzionale e che oggi è un toboga, fino a fare in Comune il consigliere delegato allo Sport con il centro sinistra, poi, fianco destr, con Toti, che lo ha fatto anche un po' inciampare nei recenti fatti giudiziari, poi Bucci che non si sa mai. E fra un po' quale altra giravolta?

Politica liquida, politica mobile, come la vediamo all'ennesima potenza nell'esodo verso le candidature regionali di mezza giunta comunale con un blocco di assessori in scalata, dalla giovane Marta Brusoni al quadratissimo Matteo Campora, uno dei più solidi collaboratori di Bucci sindaco, a Sergio Gambino con la delega alla sicurezza, forse a Francesco Maresca, assessore al porto, a Francesca Corso, a tanti altri che mi gira ancora più la testa indicare e non sono certo solo nel centro destra, che la greppia regionale è ben più ricca di un Comune che vede ora un orizzonte improvvisamente più incerto... C'è la evidente crescita di Forza Italia, che l'asse Tajani-Scajola Claudio, con sullo sfondo nazionale Marina Berlusconi in gran spolvero, rinforza, anche mostrando il distacco più forte verso il totismo. Una piccola vendetta ai piedi del personale Golgota dell'ex presidente. C'è una uscita dal civismo, tutta da dimostrare, che in parte scuote le vocazioni probabilmente labili di molti protagonisti di oggi per i quali la politica è quel palcoscenico rutilante di luci e colori, appunto “chiacchiere e distintivo”? O sono solo traslochi da una lista all'altra? Chissà, certo in questo capogiro che non si ferma e non si fermerà presto, sembrano un po' mancare le idee, i lampi di nuove visioni e si privilegiano le rumbe, i minuetti e le giravolte.

Sarebbe bello innamorarsi di qualche novità, a quaranta giorni dal voto, sia da una parte che dall'altra degli schieramenti. Aggrapparsi a un programma solido, chiaro e non sempre schierato contro gli altri. Magari in parte condiviso, considerata l'emergenza assoluta che stiamo vivendo in settori chiave come la sanità, le grandi opere da finire. La stitichezza di contenuti, sia chiaro, è comune a tutti i competitori. Non che il centro sinistra largo, che ruota intorno a Andrea Orlando, uomo di esperienza cui l'anzianità politica potrà anche costare ed in fase di costruzione chissà quando solida, mostra qualcosa di nuovo per ora. Se il centro destra si decompone e si ricompone, l'opposizione si becca le accuse di partito del no permanente e perfino la frecciata criminogena che le ha riservato Bucci accusando il suo concorrente diretto di avergli dato del criminale. Accusa respinta, ma se questo è il clima di partenza cosa possiamo aspettarci? Che continui a girarci la testa. Ma forse è solo un problema di età.