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di Franco Manzitti

Un ragazzo-votante che guarda questa campagna elettorale ligure dal suo angolo visuale quali motivi trova per rifletterci sopra e decidere: 1) se andrà a votare; 2) quale scelta farà di partiti, liste, movimenti, candidati?
Ci ripetono ossessivamente che siamo una regione di anziani, fin troppo. E forse misurano i programmi, le sfide, i loro discorsi che oramai non sono più discorsi ma slogan, battute, polemiche e qualche volta purtroppo insulti, senza calcolare troppo che il corpo elettorale non è fatto solo di anziani, boomers e anche prima dei boomers. Il ragazzo-votante non ci si raccapezza molto in questa campagna accelerata, molto polemica da una parte e dall’altra, perfino sgradevole nelle ultime ore, quando un candidato presidente ha accusato l’altro di essere malato, quindi a rischio, se eletto, perfino di non finire il mandato. Tanto per non fare nomi il candidato presidente Nicola Morra di “Uniti per la Costituzione” contro Marco Bucci, candidato del centro destra.
Il ragazzo votante, una categoria nella quale possiamo tranquillamente mettere anche i quarantenni e i trentenni, ha la forte tentazione di non andare a votare, di ingrossare quel 46% che nelle ultime regionali disertò le urne che avrebbero eletto con largo margine Giovanni Toti.
Che cosa lo può attrarre, sopratutto se fa parte di quella schiera di neo votanti, i diciottenni che qualcuno vorrebbe portare ancora più indietro ai sedicenni, che nuotano ancora nel mare in tempesta della post adolescenza, quell’età sempre più difficile oggi ancora sofferente per gli esiti lunghi del tempo micidiale post covid.
In questo tempo vicino del dopo pandemia, ma che ci sembra lontano (sopratutto ai politici-candidati), i ragazzi-votanti sono stati massacrati dalla scuola a distanza, dalla cancellazione di ogni punto di aggregazione tra di loro. Abbandonati tra il divano di casa, magari da dividere con altri componenti della famiglia e il telefonino, unico approdo nella solitudine siderale della pandemia.
Oggi quei ragazzi hanno la tessera elettorale nel cassetto e il diritto-dovere di votare e nuotano nel mare confuso di questa elezione di fine ottobre.
Mi ha colpito nei giorni scorsi la relazione “frustante” del direttore generale dell’Ospedale Gerolamo Gaslini, Renato Botti, in occasione dei premi che la meritevolissima Fondazione Querci assegna ogni tre anni a chi fa ricerca per il Gaslini, mettendo in luce originalità e rilevanza del contributo scientifico fornito nella cura dei bambini. Questa volta il premio, come ha già raccontato Primocanale, è andato a Andrea Moscatelli, direttore della Terapia Intensiva e neonatale, il medico che con la sua meravigliosa squadra da anni va sul campo girando il mondo per salvare i bimbi in pericolo di vita. E quanti sono stati negli ultimi anni tra l’Ucraina e Gaza?
L’altro premio è andato al team di Bionformatica e Intelligenza artificiale dello stesso Gaslini, guidato da Paolo Uva e Davide Cangelosi, in questo caso leader di un gruppo di scienziati giovanissimi da venti anni in su, che sviluppano tecnologie biomediche innovative, non eroi sul campo , ma del computer, che fanno viaggiare la loro intelligenza.
Il direttore generale Botti, dopo il presidente del Gaslini Edoardo Garrone, presentando il premio con altri relatori ha parlato a lungo del nuovo ospedale che sta sorgendo a Quarto, delle sue nuove scommesse e tra le tante novità ha descritto l’intervento previsto contro quella “zona buia” tra la prima adolescenza e i 18 anni in cui stanno perdendosi tanti ragazzi che sono privi di assistenza medico psicologica, abbandonati tra la dipendenza delle connessioni in rete, la mancanza di centri di aggregazione, i problemi di una generazione lacerata dal crollo di tanti valori, l’assenza di poli di assistenza organizzati tra i grandi ospedali e il Gaslini, che cura i più piccoli, la lontananza di una società civile lontana, distratta.
Ebbene il Gaslini penserà anche a questa emergenza, cercando di portare un po’ di luce a questa generazione spesso alla ribalta per improvvise e inspiegabili esplosioni di violenze. Spesso in famiglia.
Ci vogliono strutture nuove e dedicate, medici generici, psichiatri, psicologi che intervengano e Gaslini farà anche questo.
E’ un caso estremo, ma può far capire, partendo da questa emergenza molto particolare e settoriale, come deve organizzarsi una Sanità che è anche il tema principale e sottovalutato della campagna elettorale, nella quale ci si litiga solo per come ridurre le liste d’attesa o sul perché nessun nuovo Ospedale si veda concretamente all’orizzonte o semmai tra chi lo vuole e chi no.
Una campagna elettorale “ a strappo” come questa, innescata da una inchiesta giudiziaria, nella quale si discute più degli equilibri interni della coalizioni, della scelta dei candidati, degli scambi di accuse , dove volano minacce di querele, insulti come “paranoico”, e riferimenti, appunto, a malattie, come può arrivare a occuparsi delle “zone buie”?
Si potrà obiettare che questa è la politica oggi, che di quello si occupa e che quello è il suo linguaggio, fabbricato oramai inesorabilmente nei talk show, dove regna la sintesi estrema dei concetti e purtroppo anche dell’intelligenza.
Ma tutto ciò non può attrarre quella parte di elettorato che oramai fisiologicamente ha deciso di disertare, in una percentuale che si teme in salita. Gli inesorabili sondaggi prevedono addirittura un 50% di non voto.
I giovani, minoranza elettorale nella regione più vecchia d’Europa, ma speranza del futuro e idealmente obiettivo di ogni programma se mai ce ne fossero di seri e approfonditi, sono schiacciati in questa situazione.
Osserviamo la composizione delle liste, questa pioggia di nomi, di liste, una specie di torre di Babele, tra ripescati, rilanciati, perfino, indagati per voto di scambio piazzati da capolista, apprendisti, o consumati attori di tante e troppe esperienze.
Ci sono poche eccezioni di giovani con reali possibilità di riuscita, non solo tra i candidati presidenti, ma in generale. Come possono essere queste le cinghie di trasmissione tra la politica e le nuove generazioni?
Non è solo parlando di grandi opere, della superdiga in ritardo o in anticipo di quattro anni e mezzo, della Funivia Stazione Marittima-Lagaccio-Begato, che parliamo ai ragazzi-votanti.
Eppure i ragazzi li abbiamo eccome, non solo quelli del Premio Querci appena premiati, ma gli altri come quel Luca Pellerano che ha magistralmente raccontato sugli schermi di Primocanale Beirut tra la vita e la morte, da genovese che sta facendo del bene laggiù con la sua famiglia e lancia un urlo contro la guerra.
Come tanti altri, quelli chiusi a lavorare dentro l’IIT, di cui si parla troppo poco, quelli che fino da piccoli, se scampano le “zone buie”, lottano già in tenera età per difendere l’ambiente. Mentre i grandi si riempiono la bocca di Blue e Green Economy e non si capisce se la fanno sul serio o se ci fanno……..