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di Mario Paternostro

Nella significativa quantità di sciocchezze che vengono elargite da candidati e sostenitori in questa campagna elettorale anticipata, una mi ha fatto saltare sulla poltrona da anziano posta davanti al televisore di casa. Una che le supera tutte, le sovrasta, le annienta: no al nuovo ospedale Galliera. Questo mentre, finalmente, ci si è resi conto che lo stato della sanità pubblica nell’ultimo decennio è giunto al limite più basso, con liste di attesa indecenti per esami molto delicati, medici e infermieri pagati poco e sottoposti non solo a turni di lavoro stressanti, ma con il rischio di prendere botte da pazienti esasperati, medici che scappano fuori regione finendo non soltanto nelle strutture private dove saranno trattati meglio e con il rispetto che meritano, ma addirittura all’estero dove la capacità italiana in campo sanitario è assolutamente riconosciuta. Infine con il disastro dei disastri: la mancanza di ospedali e in particolare di ospedali moderni, razionali, confortevoli.

Ecco, allora, che qualcuno non sapendo più cosa dire per farsi sentire tira fuori la storia dell’ospedale che la duchessa Brignole Sale fece costruire nel 1888, straordinario esempio di modernità per quell’epoca. Logico che non siamo più nell’800 e che l’ospedale va rifatto. Nuovo, nuovissimo, adeguato alle esigenze di una città con una popolazione vecchia e spesso malandata e che oggi, perché impossibilitata a pagare l’efficienza della sanità privata ligure, rinuncia addirittura a curarsi, in un paese che della sanità universalistica aveva fatto la sua bandiera.

Genova, dunque, non può assolutamente andare più avanti con il solo San Martino coadiuvato da Villa Scassi e Evangelico a sobbarcarsi il peso crescente del fabbisogno di cure. Se tutti continueranno a finire al San Martino questo scoppierà. Il Galliera va rifatto subito, subitissimo. Senza perdere ulteriore tempo. Di corsa, e nel migliore dei modi. Senza eccessi e sprechi da una parte, senza alcun tipo di “speculazione edilizia” , nel rispetto assoluto del quartiere. Ma va fatto perché la città ne ha bisogno.
Come ha bisogno del nuovo ospedale nel ponente, che è stato individuato agli Erzelli. Come ha bisogno di quelle “case di comunità” di quartiere, idea geniale uscita nei giorni tremendi della pandemia e mi pare, ma spero di sbagliarmi, un po’ dimenticata in questi mesi.

Un tempo si diceva che il Galliera era l’ospedale che serviva tutto il grande centro storico. Non è più soltanto questo, ma un ospedale dedicato prevalentemente alla cura geriatrica è qualificante per Genova anche da un punto di vista scientifico.

Il Galliera, a me particolarmente famigliare perché mio padre fu primario per trent’anni in quelle conventuali corsie, ha una importante tradizione di medici e paramedici da difendere, da quando la medicina era ancora parola, domande, auscultazioni. Cancellarlo sarebbe sciocco, autolesionista e politicamente un marchio negativo incancellabile. Siamo seri. Parliamo d’altro per favore.