Vai all'articolo sul sito completo

Commenti

3 minuti e 23 secondi di lettura
di Luigi Leone

“Sono anziano, eppure mi tocca ancora lavorare”. Chissà quante volte ognuno di noi ha sentito profferire queste parole. Spesso accompagnate da una constatazione: “E meno male che un lavoro ce l’ho, altrimenti come farei alla mia età?”. Di solito sono gli ultrasessantenni a pronunciarsi così. Frasi ripetute al bar, sui bus, nei circoli, ovunque si possano ritrovare coloro che quei posti dovrebbero frequentarli da pensionati e, invece, ci vanno da lavoratori.

Già, le pensioni. Uno degli esercizi più abusati dalla politica è inventarsi una riforma della previdenza via l’altra, giocando sull’effetto annuncio, che di solito spaventa i cittadini, salvo non trovare alcun riscontro concreto. Resta quella sgradevole sensazione, patrimonio comune: sono anziano, avrei diritto al riposo, invece niente.

Domenica si è celebrata la giornata dedicata alle vittime sul lavoro. Per l’occasione, ci sono stati forniti i dati relativi al periodo gennaio-agosto 2024. Ammesso che su un simile argomento si possano trovare dei motivi di consolazione (parliamo di morti), viene fuori che quanto incidenza degli infortuni mortali la Liguria sta in “zona bianca”: con Veneto e Marche è una delle tre regioni italiane virtuose.

Ne prendo favorevolmente atto. Ma sono altre le cifre, a livello nazionale, che attirano l’attenzione: l’incidenza più elevata di mortalità riguarda i lavoratori over 65 (si arriva all’87,2 per cento) e i lavoratori tra i 55 e i 64 anni (incidenza del 34,5 per cento). Ciò significa che quando si scollina una certa età possono non bastare le misure di sicurezza stabilite per legge: i riflessi si fanno inevitabilmente più lenti e certi movimenti non sono più rapidi come in precedenza. Così, se si svolge un’attività che di per sé può presentare dei pericoli le conseguenze rischiano di essere tragiche.

La Cisl, il secondo sindacato più grande d’Italia, nel suo report annuale rileva: “L’alto numero di eventi nella fascia di età 60-64 anni, soprattutto ad esito mortale, fa ben comprendere come sia elevata la percentuale di occupati in mansioni rischiose con una età che tutti gli studi, sia internazionali sia nazionali, attribuiscono a soggetti classificati anziani”.

È per questo motivo che il tema delle pensioni si lega indissolubilmente a quello degli infortuni sul lavoro. Ora, posto che il nostro sistema previdenziale, fondato sull’Inps, presenta numerose criticità quando si parla di sostenibilità, non è possibile che i politici, pagati da tutti noi con le nostre tasse (almeno di coloro che le versano…) non sappiano mettere da parte le divisioni ideologiche e far fronte comune per risolvere la questione.

Un esempio su tutti: alcuni sostengono che senza immigrati non riusciremo ad andare avanti, altri che invece non c’è alcuna necessità del genere. Siccome a pronunciarsi in questo modo così contraddittorio sono tanti politici, mi domando a chi dobbiamo dare ascolto noi malcapitati cittadini. Su questa frattura, intanto, si fondano le opposte visioni su come gestire l’immigrazione: ma si può?

Un altro esempio sul cattivo modo di guardare la realtà. La Cisl medesima, dunque non un’organizzazione di oscuri figuri, osserva, sempre nel suo report, che “in assenza di ulteriori dati sulle tipologie contrattuali degli occupati, le cifre sembrerebbero smentire l’affermazione, ricorrente quando si parla di incidenti sul lavoro, che gli infortuni gravi riguardino particolarmente gli occupati con contratti temporanei, quindi soprattutto i giovani”.

Un sindacato ha il coraggio di dire una cosa scomoda per la propria attività, non mistificando i fatti, mentre la politica, l’invadente cattiva politica dei nostri giorni, cavalca la probabile “illusione ottica” pur di guadagnare effimeri consensi. Intollerabile.

La Liguria è un banco di prova ideale, avendo i suoi guai (parziali) con la mortalità sul lavoro ed anche enormi problemi dal punto di vista demografico, con particolari sofferenze sul terreno previdenziale, diretta conseguenza dell’anzianità della sua popolazione.

Ma bisogna cambiare registro. Finora, nelle rare occasioni in cui sono state fatte, le modifiche al sistema delle pensioni hanno mirato all’equilibrio dei conti (importantissimo, sia chiaro) e non alla vita delle persone. Certo, è difficile conciliare tutto, però non è impossibile. E comunque proprio a quello deve puntare la nostra politica. Il problema è se ne sia capace e se ne abbia la volontà.