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di Luigi Leone

 

 

“In altre regioni, la stessa quantità d’acqua avrebbe provocato danni ben peggiori”. Sono queste le parole che più hanno colpito subito dopo le drammatiche ore delle piogge torrenziali che hanno provocato esondazioni, allagamenti di negozi e scantinati, torrenti ai livelli di guardia o addirittura tracimati, intere aree zuppe d’acqua, danneggiamenti di vario genere, soprattutto all’agricoltura, frane e smottamenti di terra.

Quelle parole le ha pronunciate Federico Grasso, un tecnico dell’Arpal di Genova non un politico a caccia di facili consensi. Ma l’affermazione proprio alla politica ci riporta. E per una volta non ne dico male. Pur fra contraddizioni e polemiche di ogni genere, le va riconosciuto di aver fatto il necessario per impedire delle vittime. In passato abbiamo dovuto contarle: non è stato un bel quarto d’ora. E abbiamo dovuto registrare anche comportamenti non propriamente cristallini.

Ma molta acqua, è il caso di dirlo, è passata sotto i ponti. Sia chiaro: resta molto, moltissimo da fare. E ancora di più. Lo stesso Grasso, ad esempio, riferisce che le strade, soprattutto alcune nelle zone di Sant’Ilario e Sestri Levante, “sono nell’impossibilità di smaltire precipitazioni di tale intensità”. Quindi, non si può assolutamente abbassare la guardia. 

Anche scientificamente c’è una spiegazione. Sempre Grasso: “La Liguria è un unicum della penisola italiana, una regione studiata dai meteorologi di tutto il mondo. Ci troviamo in fondo a un corridoio, il mare di fronte a noi fa formare ingenti correnti caldo-umide e i monti subito alle nostre spalle costringono le perturbazioni a scaricarsi su tutto il territorio, insistendovi a lungo”.

Però il meccanismo delle allerte sta funzionando e le diverse municipalità, da levante a ponente, stanno facendo le opere indispensabili a mettere in sicurezza il territorio. Lo stanno facendo, dunque ci sono ancora delle criticità da superare e in generale degli interventi da realizzare. Si sta anche prendendo atto che una variazione climatica esiste e sta producendo degli effetti indesiderati. Nessuno, però, sembra si stia impiccando su scelte insensatamente green.

Queste cose le scrivo perché quasi settimanalmente mi trovo a contestare la politica, di centrodestra e di centrosinistra, per decisioni cervellotiche o per non-decisioni. In questo caso mi sembra che tutto sommato sia una parte sia l’altra stiano mettendo il bene comune davanti al resto.

Si sa che questo tipo di iniziative non porta immediati consensi, tuttavia se l’approccio è bipartisan nessuno ne patisce: è successo che il governo di un colore ci abbia messo i soldi e un’amministrazione del colore opposto abbia fatto i lavori (ad esempio lo scolmatore del Fereggiano a Genova). Oppure è avvenuto il contrario.

Da questo punto di vista, la Liguria può costituire un buon modello. Certamente diversamente dall’Emilia, dove le piogge torrenziali hanno provocato tre alluvioni nel giro di un anno e soprattutto un’altra vittima, un ragazzo di vent’anni. E dove le polemiche si sprecano, proprio a causa di una ideologizzazione degli investimenti e degli aiuti.

La politica dovrebbe sempre aver presente che alle persone interessa prima di tutto risolvere i problemi.Sul Secolo XIX ho letto i programmi di Marco Bucci e Andrea Orlando sul dissesto idrogeologico. Si va da maggiori opere (Bucci) a un minore consumo del suolo (Orlando). Ma non ho contezza che l’uno si opporrebbe a certi recuperi (chiedere all’assessore regionale Marco Scajola) e che l’altro direbbe no a nuovi interventi di messa in sicurezza. Eviterei di farne, però, un tema divisivo elettorale. Queste cose si fanno tutti insieme e valgono per tutti.