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“La legge sull’autonomia differenziata non è incostituzionale”. E allora esulta il centrodestra. “Però ci sono alcuni aspetti sui quali il Parlamento dovrà intervenire”. A cominciare dai livelli essenziali delle prestazioni (gli ormai arcinoti Lep). E allora è il centrosinistra a tirar su le braccia in segno di vittoria. Le reazioni alla sentenza della Corte Costituzionale sono uguali a quelle che di solito vediamo nelle elezioni quando le urne vengono aperte.

E’ appena successo in Liguria: il centrodestra con Marco Bucci ha prevalso, però il centrosinistra ha guadagnato a Genova. Insomma, nessuno ha perso. Così chi avuto l’ardire di interrogarsi sull’opportunità che il segretario regionale del Pd, Davide Natale, si dovesse dimettere in seguito alla sconfitta conclamata, è incappato nell’anatema dell’onorevole piddina Valentina Ghio: domanda inopportuna! Forse anche questa valutazione sarà inopportuna, onorevole: sull’autonomia la politica offre uno spettacolo pessimo.

Alcune cose vanno dette. Oggi il centrosinistra giubila. Ma è esattamente lo schieramento che ha aperto la strada all’autonomia differenziata con la famosa riforma costituzionale del Titolo V. Morale dell’accaduto: o la politica, nessuno escluso, smette di inseguire il consenso a breve oppure il Paese dovrà affrontare sempre più problemi di questo genere. Inutile stracciarsi le vesti, poi, se oltre metà degli aventi diritto non va a votare.

Fra quanti hanno osteggiato il provvedimento ci sono soprattutto le Regioni del Sud, a prescindere dal colore delle loro maggioranze. Sono orgogliosamente un “terrone” doc, perché nelle vene ho tutto sangue calabrese. E sono pure incazzato nero, passatemi il francesismo: il Mezzogiorno sarebbe condannato ad avere amministrazioni che gestiscono “al meno”. E chi l’ha detto? E poi: già ora curarsi in Lombardia, Toscana ed Emilia non è lo stesso che farlo in Calabria, Puglia e Sicilia. Non credo che qualcuno possa sostenere il contrario.

In tutto il bailamme di reazioni alla decisione della Consulta, nessuno si è domandato: visti i risultati finora conseguiti da ognuna di esse, e in diversi ambiti amministrativi, siamo certi che le Regioni italiane meritino l’autonomia differenziata, pur con i correttivi che devono essere apportati?

Personalmente sono controcorrente rispetto al pensiero prevalente: no, le Regioni hanno dimostrato di non sapersi occupare in modo idoneo degli argomenti sui quali hanno potestà. In Liguria l’esempio è la Sanità, con un bilancio che fa acqua da tutte le parti e liste d’attesa lunghe mesi, se non addirittura anni. Ma conti malmessi e code infinite non sono una prerogativa ligure, visto che quasi l’intera Italia versa nelle stesse condizioni. Pure peggio.

Servirebbe una politica locale, in particolare regionale, che si assuma le proprie responsabilità. Anche le pietre sapevano che sulla sanità la stragrande maggioranza delle Regioni non ce l’avrebbe fatta, però nessuna ha rimesso il tema in mano allo Stato, non importa il colore del governo, dicendo chiaro e tondo che i soldi a disposizione erano largamente insufficienti. Al più ci sono stati dei commissariamenti decisi da Roma, per il mancato rispetto di parametri (contabili) che Roma stessa (a microfoni spenti, come suol dirsi) riteneva irraggiungibili date le premesse.

Invece, si è sempre preferito il vivere alla giornata, senza rinunce che denotassero consapevolezza. Ma sulla pelle delle persone. Fino ai giorni attuali, con la Liguria che deve contemplare il vergognoso e vigliacco fuggi fuggi della politica dalla sanità, come ben argomentato da Tiziana Oberti su questo stesso sito. Tutte buone ragioni per abolire le Regioni, altro che concedere loro più autonomia.