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Guidare, fermarsi dove si può, possibilmente davanti ai portoni, aprire i portelloni e scaricare e portare a domicilio dei clienti
2 minuti e 4 secondi di lettura
di Mario Paternostro

Genova è ingozzata di auto, moto, anche bici qua e là. Il traffico è caotico e disordinato e sembra che ci sia poco da fare. Probabilmente dovremo attendere il tunnel sotto il porto, ma non sarà quello che risolverà gli ingorghi inespugnabili del centro.

Piazza Corvetto, stupenda vasca fiorita, magistralmente disegnata, è non solo nelle ore di punta, un disastro, con correnti di automezzi che entrano sotto le chiappe dell’equino del Savoia, uscendo dalla galleria, da via Roma, dall’Acquasola, da via Assarotti e dalla villetta Di Negro contemporaneamente e così parte la sfida di chi riesce a infilarsi nell’intrico, di chi frega quello che cala da destra, per non parlare di autobus lunghissimi che necessariamente devono attraversare la piazza per salire verso via XII Ottobre e Piccapietra. Una situazione allucinante.

Tra Piccapietra e via Fieschi, poi, è l’apoteosi del disordine: bisogna attraversare via XX Settembre e passi, ma percorrere la via verso piazza Dante è una scommessa. Le due corsie sono scomparse da un decennio almeno. Sono ormai una corsia unica, un imbuto, ostacolato da veicoli parcheggiati in doppia fila, con decine di furgoni posteggiati e abbandonati perché quei poveretti degli addetti alle consegne di pacchi e pacchetti sono, vere vittime, sempre soli sul mezzo e costretti a fare tutto.

Guidare, fermarsi dove si può, possibilmente davanti ai portoni, aprire i portelloni e scaricare e portare a domicilio dei clienti. Venerdì sera nel corso del dibattito elettorale a Primocanale tutti i partecipanti da destra a sinistra hanno sottolineato il problema. Qualcuno, giustamente, ha detto che si dovrebbe riparlare di orari predefiniti per la consegne. Altri sottolineando la necessità di affrontare seriamente il problema, coinvolgendo i commercianti. Seriamente, appunto, perché fino a oggi non è stato così.

Soprattutto perché tra gli amministratori, sotto elezioni, parlare di aree pedonali è un tabù, un sacrilegio e soprattutto un terribile rischio elettorale. Se l’urna incombe, l’ingorgo stradale cresce a dismisura. Manca – è stato ribadito nel dibattito – il coraggio. Coraggio è la parola giusta che hanno avuto pochissimi sindaci del passato remoto, che realizzarono sfidando l’impopolarità, ma pensando solo al bene dei cittadini e della città, le aree pedonali di via San Vincenzo (allora i negozianti erano pronti alla rivoluzione), del Quadrilatero, di via San Lorenzo. La semi-pedonalizzazione di piazza De Ferrari. E a Ponente quella di via Sestri.
La sfida dell’impopolarità per un bene comune.

Per esempio riservare ai pedoni Fontane Marose, via XXV Aprile e via Roma. Ma anche altre strade e piazze, nelle delegazioni.
Sfidando l’impopolarità. Figurarsi ora……