Mettiamo che Giovanni Toti avesse a disposizione i molti soldi di un ricco: di sicuro non avrebbe dovuto organizzare le famose cene con offerta per mettere insieme i denari che gli occorrevano a fare politica. Non entro nel merito della vicenda giudiziaria che lo ha travolto insieme con la Liguria: ha patteggiato lui, però ha patteggiato pure la Procura, perché il reato della presunta corruzione era difficile da smontare e tuttavia pure difficile da dimostrare. Invece, sto a quello che Toti disse ad alleati e avversari: bisogna rimettere mano, e una volta per tutte, alla questione dei costi della democrazia.
Il Governo aumenta le retribuzioni di ministri e sottosegretari
Si potrebbe dire che il governo gli ha dato ragione, aumentando la retribuzione di ministri e sottosegretari che non guadagnano quanto i parlamentari. In tutto, diciassette persone. Sì, diciassette: non avete letto male voi o scritto peggio io. Naturalmente le opposizioni sono insorte. Sono le stesse forze che hanno sfasciato i conti dello Stato con il reddito di cittadinanza e il superbonus edilizio e che strillano a favore del salario minimo dopo anni nei quali sullo scarso guadagno dei lavoratori hanno bellamente soprasseduto.
Il Governo dà ragione a Toti: ecco perché
Nondimeno, il governo dà ragione a Toti solo in apparenza. Anzi, a dirla tutta ha proprio sbagliato. Uno: l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni non propone o decide una riforma organica sul finanziamento della politica, bensì si limita ad un mini-provvedimento su misura per diciassette persone.
Due: i tempi sono sbagliatissimi, perché mentre ci sono milioni di famiglie che non arrivano a fine mese (pur con componenti che lavorano a tempo indeterminato!) tu non puoi aggiungere in un amen alla busta paga di ministri e sottosegretari oltre 7.000 euro lordi al mese. Sembra uno schiaffo, è uno schiaffo. Per populismo si sono tagliati i parlamentari e le loro paghe, ora questa decisione che va in senso contrario. Ci starebbe anche, a certe condizioni, tuttavia andava presa in altro modo e con altro calendario.
Tre: l’esecutivo di destra-centro più di altri rileva, peraltro giustamente, di poter contare sull’investitura popolare. Poi, però, aumenta gli emolumenti anche a chi si fregia della qualifica di “tecnico”, salvo in realtà essere stato trombato al voto e che già prima di esso aveva ricevuto la promessa di trovare comunque uno strapuntino dentro il governo. Siamo sinceri: non è propriamente una bella cosa.
E il cittadino diserta le urne
Ora, di fronte a una maggioranza e a una opposizione che mettono in scena un simile spettacolo, come deve sentirsi un cittadino-elettore appena appena normale? E come deve sentirsi il cittadino-elettore-contribuente, che paga le tasse e poi assiste ad una politica, di destra e di sinistra, incapace di una vera lotta all’evasione fiscale? E, ancora, come deve sentirsi colui che vede quanto la spending review sia inesistente, al punto che un parlamentare eletto nel Pd (ogni riferimento a Carlo Cottarelli è puramente voluto) si dimette per protesta, proprio perché nessuno la fa? Male si sente, quel cittadino. Per ora, non va a votare. E fanno davvero ridere i partiti che si stracciano le vesti, a urne appena aperte, per l’assenteismo. Ma se è proprio contro il loro comportamento che sale la protesta. Lo sanno benissimo, quei partiti. A parole se ne dispiacciono, nei fatti se ne infischiano!