A vedere la presidente Giorgia Meloni quasi abbracciata al sindaco di Roma Gualtieri all’inaugurazione di piazza Pia nel primo giorno del Giubileo mi sono quasi commosso. Ma di più: ho fatto un peccato d’invidia. Quella piazza laterale al Vaticano, con il suo sottopasso che svuotava di traffico l’area chiave dell’Anno Santo, era la prova di un accordo teoricamente impossibile di dialogo tra la la maggioranza e l’opposizione del Governo meloniano e del Comune di Roma, targato centro sinistra.
Si sono parlati tra avversari, per non dire nemici o avversari, si sono accordati e hanno fatto il miracolo di lavorare h 24, sabato e domenica inclusi, per completare un’opera fondamentale che alla fine è stata una realizzazione di tutti.
Nessuno che la rivendicasse con gli altri che la contestavano per qualsiasi motivo. Era ed è un’opera di tutti, dei romani e degli italiani.
Il miracolo di piazza Pia, tipica operazione degli italiani quando sono d’accordo e fanno fruttare le nostre inarrivabili capacità, è solo un piccolo-grande esempio del fatto che con il dialogo tra parti anche fieramente avverse si supera ogni ostacolo.
Avremmo da imparare molto qua a Genova e in Liguria, dove la contrapposizione dialettica tra maggioranza e opposizione, dopo otto anni di regno comunale del centro destra e quasi dieci di regno regionale sotto le insegne di Bucci e di Toti, ha raggiunto un diapason mai visto nella storia della Repubblica e delle istituzioni genovesi.
Non c’è operazione compiuta dalle maggioranze che non sia stata demolita a parole dall’opposizione. Non c’è azione dell’opposizione che non sia stata bollata dai governanti di Tursi e di De Ferrari, con una soluzione di continuità che non si interrompe.
Anche alla vigilia di Natale e di Capodanno Bucci, il presidente e Piciocchi, il reggente, non risparmiano battute, staffilate a quegli altri, quelli del no, quelli della decrescita felice, quelli che sono sempre contro. E dai banchi degli oppositori, rinforzati di recente anche dal recente atterraggio sospiratissimo di Andrea Orlando in Liguria, non è che siano rose e fiori per gli appena insediati nuovi governanti, annegati nei buchi di bilancio e nelle grandi incompiute mentre la città soffre e di ospedali nuovi non se ne vedono dopo i lunghi anni del governo Toti.
Francamente sta diventando per noi osservatori uno spettacolo estenuante, al quale non eravamo abituati neppure quando secondo la Dc i comunisti volevano mangiare i bambini e quando i comunisti non vedevano l’ora di andare ad abbeverare i loro cavallo nelle fontane del Vaticano.
Anche indipendentemente dalla trasversalità di una volta una forma di dialogo c’è sempre stata, magari irsuto, ma rispettoso, magari segreto. ma efficace.
Solo nell’ultimo decennio la politica contrapposta è insulto, propaganda. Eppure l’educazione e la formazione di chi governa e di chi si oppone potrebbe far aspettare altro. Bucci è un ex boy scout e Piciocchi è di chiara e impegnata formazione cattolica. Non si possono certo invitare a porgere l’altra guancia, che in politica non si fa , ma a fare uno sforzo visto che rappresentano tutti i genovesi e i liguri, anche quelli che non li hanno votati o non sono andati a votare, questo sì.
Invece sono solo fuoco e fiamme, che alimentano altro fuoco e fiamme dall’altra parte. Sì, c’è stata la mano protesa dal presidente al nuovo capo dell’opposizione regionale, in segno di apprezzamento per la sua scelta genovese. Ma un minuto dopo hanno incominciato a dirsele di nuovo sul muso.
Ma perché invece non scelgono una piazza Pia genovese e si coalizzano per farla finire insieme? Perché non decidono tutti insieme che la Diga va fatta rapidamente e non si confrontano, magari tenendo conto delle difficoltà, dei ritardi da riconoscere in tutta sincerità e concordano un piano h24, come piace a Bucci, per dare a Genova un’opera tra le tante in cantiere, che è veramente essenziale e ci mettono il timbro insieme?
Sarebbe un grande passo avanti come i nostri avi hanno fatto tante volte per costruire Genova come è e dove è.
Credete che fossero tutti d’accordo, a un certo punto nel 1965. a costruire in quindici mesi la Sopraelevata che ci ha salvato dal traffico. La voleva il sindaco Pedullà e ancor più l’assessore leggendario Ivo Lapi, ma l’opposizione PCI-PSI non ci credeva molto. L’hanno fatta in un lampo e con anche un grande sacrificio umano, che ai partiti di sinistra e al sindacato non era certo facile da accettare.
Certamente allora esisteva un’altra cultura politica, i leader erano diversi, di formazioni granitiche, ma variegate di relazioni e interessi. Oggi viviamo di slogan, di battute tipo “tiriamoci subito su le maniche e lavoriamo senza sosta” e guai se qualcuno si oppone e dall’altra parte non si sanno che indicare i fallimenti e i buchi di bilancio dei governanti.
Una strada che non porta da nessuna parte. E allora perché non augurarsi alla fine di questo anno così difficile e tumultuoso per la politica genovese e ligure, tutt’ora in un percorso di campagna elettorale e di inevitabili scontri, mentre la città e la Regione hanno bisogno di spinte positive, un pace come quella di piazza Pia a Roma.
La superdiga è solo una ipotesi, una proposta che raccoglierebbe sia la spinta di Bucci, sia l’intenzione di Orlando di non opporsi alle opere già finanziate. Una convergenza sarebbe, quindi, possibile, non solo auspicabile, mettendo sul piatto tutte le esperienze e tutte le competenze, al fine di fare presto e bene.
Certamente non riesco a immaginare un abbraccio tra Bucci e Orlando, mentre si taglia il nastro del Cinquantesimo cassone, ma una stretta di mano almeno quella si. E forse questo aiuterebbe qualche decina di migliaia di genovesi, che hanno deciso di non andare a votare, di cambiare idea.
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