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di Luigi Leone

Quando ci sono state le alluvioni, quando si è sbriciolato il ponte Morandi e nei mesi duri della pandemia, ho potuto toccare con mano, per ragioni professionali, quanto cuore abbiano i genovesi. Pronti a dare una mano, a rimboccarsi le maniche, a fare tutto ciò che potesse servire per consentire alle persone colpite di superare in qualche modo quelle tragedie.

Ci ho ripensato leggendo e rileggendo le notizie delle manifestazioni a sostegno dell'Ucraina e contro la guerra scatenata dalla follia dell'invasione decisa da Wladimir Putin. Mi è capitato, anche per Primocanale, di ragionare sui motivi che possono aver spinto l'ex capo del Kgb, l'organizzazione dello spionaggio allora sovietico, ad attaccare l'Ucraina. Ma l'uso della forza finisce per oscurare tutto, non consente più di analizzare le ragioni anche più profonde e nascoste che uno può avere.

L'uso della forza è semplicemente inaccettabile. Difatti, secondo un vecchio adagio popolare, ti fa ipso facto passare dalla parte del torto. A questo ho pensato vedendo centinaia di genovesi per la strada e mi si è allargato il cuore quando ho sentito il governatore ligure Giovanni Toti dire a chiare lettere: "Siamo pronti ad accogliere". Sì, perché a brevissima scadenza avremo il "problema" dei profughi: sono migliaia e migliaia coloro che fuggono dall'Ucraina.

Per adesso arrivano soprattutto in Polonia, ma presto saranno suddivisi fra i vari Paesi europei. Alcuni dovranno essere ospitati in Italia e so già che Genova saprà fare la sua parte. Lo ha dimostrato in tante circostanze e non si è mai fatta ombra su chi dovesse beneficiare dei suoi aiuti: concittadini o gente che arrivasse dall'altra parte del mondo, ha contato e conta soltanto che siano persone - uomini, donne, bambini - con la disperata necessità di avere una mano.

Così accadrà anche nel resto della Liguria, dove pure non sono mancate in passato analoghe dimostrazioni di solidarietà. Semmai, spero che siano le autorità, prima quelle nazionali e poi quelle locali, a dimostrarsi pronte. Che avremo un "problema" lo sappiamo dal momento in cui le prime bombe hanno cominciato a cadere sull'Ucraina. Sappiamo anche quale sarà il "problema" e che avrà una entità ragguardevole, sebbene ancora non quantificabile. Ma prepararsi si può, anzi si deve.

Secondo alcune notizie spicciole, si sta cominciando. Ma a ben vedere, la nostra classe dirigente deve dimostrare due capacità. La prima: star dietro al realismo, già ampiamente dimostrato, dei cittadini. La seconda: non farsi cogliere impreparati. In poche parole, saper passare dalle parole ai fatti. Io sono certo che sappia farlo chi è andato in piazza per l'Ucraina e chi con quella piazza solidarizza da casa.

La politica non c'è abituata: spero che, almeno per una volta, non sia da meno. Serve una realpolitik degna di questo nome. Poi, se proprio ha bisogno di un "aiutino", può affidarsi al gioco dei contrari: faccia l'opposto della sciagurata inedia energetica messa in campo in questi anni, durante i quali il Paese si è legato mani e piedi al gas russo. Un errore gravissimo, di cui tutti stiamo per pagare un prezzo altissimo. Evitiamolo con i profughi dall'Ucraina.