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di Franco Manzitti

Mi occupo del Terzo Valico da sempre e sono molto preoccupato per come andrà a finire questa opera che i genovesi aspettano da oltre un secolo.
Dichiaro, quindi, come facevano un tempo i parlamentari inglesi all’inizio di un dibattito importante, quando potevano vantare un interesse nel confronto che si stava per aprire, che ho un mio interesse personale e privato alla realizzazione del Terzo Valico, per i vincoli famigliari che mi legano all’origine dell’opera, che è stata ideata, strutturata, lanciata da mio padre e portata avanti da lui fino a quando le forze glielo hanno consentito.
Ovviamente in conseguenza di questo, il mio interesse giornalistico è sempre stato forte, lo è ancora anche se evidentemente ho sempre cercato di essere obiettivo.
Dirò in breve come è nata l’idea di disseppellire da un oblio, prima di ottanta anni (dal 1901 al 1988), poi di venti anni (dal 1965 al 1988), un’opera che i nostri avi avevano giudicato essenziale, fondamentale con le identiche motivazioni di oggi anno 2025, Terzo Millennio. E che avevano studiato in modo approfondito con i sistemi più moderni di quelle epoche, il 1903 e 1965, investendo i migliori tecnici e varando decisioni politiche attraverso la Giunta e il Consiglio Comunale.
Se si ha la pazienza di leggere le vecchie carte si scopre che anche allora la parola d’ordine era di collegare il più rapidamente possibile Genova e soprattutto il suo porto all’ OltreAppennino, alla Pianura Padana, all’Europa e ai suoi mercati.

Nel 1988 mio padre, fino a quel tempo presidente di Confindustria, fondatore dell’Intersind e del comitato Pubblici -Privati, interlocutore e protagonista nelle più importanti operazioni imprenditoriali dal 1945 in avanti, membro di tanti consigli di amministrazione delle più importanti aziende, non solo di quel territorio, coglie il rischio del declino genovese delle piccole e grandi imprese, mentre l’ombrello protettivo delle grandi aziende Iri si sta chiudendo con la grande crisi degli anni Settanta e, invece, il porto è in ripresa con la rivoluzione D’Alessandro e con il decollo del Porto satellite di Voltri.
Collegarsi rapidamente con Milano per far viaggiare merci e passeggeri è un imperativo categorico, simile a quello degli avi che come si vede in quelle vecchie carte, in consiglio comunale nelle sedute del 1901 urlavano “A Milano, a Milano!” per sottolineare come le linee esistenti non erano più sufficienti.
L’idea di ripensare a una linea ferroviaria Genova- Milano, attraverso un Terzo Valico, parte direttamente dall’esperienza fatta nella costruzione dell’Autostrada Savona-Ventimiglia, la Autofiori, della quale Manzitti era stato presidente e che, come le autostrade di quel periodo, era stata costruita con il sistema della concessione: lo Stato autorizza a costruire e in cambio lascia gestire l’opera per un determinato periodo di anni.
L’idea di applicare quella formula di grande successo, con la quale Autofiori è stata realizzata in cinque anni, ripeto cinque anni, malgrado enormi difficoltà geologiche, di tracciato e anche politiche, è stata appoggiata dal parere illustre di Ugo Marchese, docente di Economia dei Trasporti, vero nume nello studio dei collegamenti infrastrutturali e dall’adesione di Gianni Dagnino, allora presidente della potente Carige, che diventa il capofila di un interesse bancario allargato, anche grazie alle sue intense relazioni politiche.
Il progetto iniziale prevede una linea diretta Genova -Milano che, costruite le due grandi gallerie del Valico, che i nostri antenati avevano già minuziosamente studiato negli anni iniziali del secolo ventesimo sul progetto di un’altra figura mitica, l’ingegner Carlo Navone, arrivi a Milano su un binario “proprio”. Quindi altro che quadruplicamento sul quale oggi ci perdiamo. Il Terzo Valico era una linea esclusiva e diretta !!!!!
Il progetto studiato dalla SINA Spa, società di engenneering di Milano , quella che ha progettato non solo Autofiori, ma altre autostrade italiane, viene subito ribattezzato “Supertreno” e prevede il trasporto sia di passeggeri che di merci .
Ci vuole un sistema ferroviario nuovo, in grado di di superare le limitazioni di pendenza e appunto di trasporto misto passeggeri e merci.
Viene fondata il 30 gennaio 1990 la societa CIV (Collegamenti Integrati veloci) di cui è presidente Giuseppe Manzitti.
Al capitale sociale, oltre alla finanziaria SINA (FINSINA), partecipano le banche Carige, Cariplo, San Paolo di Torino, l’aeroporto di Genova, le concessionarie autostradali dell’epoca, le Ferrovie Nord di Milano, la finanziaria SFISA e la società di engeneering, Spalt.
Ma ecco il primo intoppo: le Ferrovie dello Stato, allora commissariate e che dopo vedranno la presidenza di Lorenzo Necci, non partecipano al progetto.
Nel maggio del 1990 il CIV chiede la concessione per la progettazione, costruzione e gestione della linea.
Il progetto prevede già un tempo di percorrenza di 35 minuti, che fa impallidire i tempi di oggi e fa sognare Genova e non solo.
Il lancio del progetto, del CIV e della richiesta di concessione, avviene in un grande convegno alla Fiera del Mare di Genova, nel febbraio del 1990, presenti il vice presidente del Consiglio, Claudio Martelli e il ministro dei Trasporti, Carlo Bernini.
Tutta la città politica, imprenditoriale , portuale assiste con grande euforia al lancio.
Mediaticamente il progetto diventa molto forte e in quello scorcio fervido nasce la nuova sigla TAV (Treno Alta Velocità), di cui in Italia ancora non si parlava e che prevede un 40 per cento di finanziamento da parte del Ministero del Tesoro.
NEL 1991 Il ministero dei Trasporti autorizza FS a mettere a punto lo studio di fattibilità.
Necci diventato amministratore straodinario di FS , fino a quel momento dubbioso, sembra, deciso a sposare il progetto TAV: cosi nasce la TAV spa con 100 miliardi di lire di capitale, 60 per cento privati e 40 per cento pubblico.
E’ subito evidente un grande interesse di Istituti di credito stranieri, tra cui in particolare, Credit Lyonnais e di altre banche, grazie alle buone relazioni internazionali di mio padre.
A Genova viene siglato tra Fs e Civ un protocollo d’intesa, Nel 1991 nasce il COCIV per la progettazione e costruzione della linea di Alta Velocità da Brignole A Rogoredo.

 

Questa è la storia dell’origine, diciamo felice, del Terzo Valico. Negli anni tra il 1988 e il 1991 l’idea è decollata, il progetto ha un suo fondamento, l’opinione pubblica è scossa.
Ma il racconto e la narrazione di quello che succede da quegli anni in avanti cambia radicalmente perché il tempo che passa aumenta le difficoltà e le opposizioni..
Già nel 1994, tra l’altro l’anno della discesa in campo di Berlusconi, il Ministero dell’Ambiente esprime parere negativo sull’impatto ambientale.
Incomincia una altalena incredibile di rilanci e stop del progetto, mentre la burocrazia incomincia a mettere i bastoni nelle ruote. Ma in qualche modo i lavori incominciano, perché il COCIV spinge.
Nel 1995 vengono realizzati cunicoli esplorativi per la Galleria Flavia. Nel 1996 si lavora già a diversi cantieri, Voltaggio, Fracconalto, Mignanego.
Sono piccoli passi, ma con un grande significato, per quei cunicoli che sono come le finestre sul grande cantiere. Questa iniziativa scatena, però, anche un’inchiesta giudiziaria della Procura di Milano, nella quale mio padre, già ultraottantenne, ma sempre più determinato, viene indagato.
Quelle finestre in realtà erano la scommessa sul progetto, profonde certamente più di un canale esplorativo, ma la strada per andare ancora più avanti nel progetto, come una assicurazione che il Terzo Valico si faceva.
I magistrati di Milano ci vedono dei reati. Siamo oramai quasi al 2000, si parla di Alta Velocità in tutta Italia, è arrivata l’Europa e il progetto con un ministro dei Trasporti finalmente genovese, Claudio Burlando cambia nome e diventa di Alta Capacità per aderire meglio al mondo del trasporto, che stava cambiando vertiginosamente e ha un orizzonte europeo e quindi anche finanziamenti europei.

La storia per certi versi incredibile del progetto e dei suoi passi avanti e indietro sembra svoltare.
Nel 2002 con il ministro Lunardi c’è perfino una nuova inaugurazione dei lavori, la seconda o la terza…. ce ne sono state tante, a seconda dei governi e dei loro colori, con tutti che cercano di mettere il cappello su qualcosa che alla fine non va.
A me, come figlio di mio padre, nel 2005 viene consegnata in Regione, dal presidente Sandro Biasotti, della maggioranza di centro destra, una targa che riconosce i meriti di mio padre.
E’ il sigillo al fatto che finalmente il Terzo Valico è partito.
O è ripartito?
Sono presenti anche tre ministri, compreso, ovviamente, Lunardi.
Il problema è diventato oramai sopratutto finanziario, perché il costo dell’opera lievita continuamente, anche se l’Europa ha inserito il Terzo Valico nel corridoio Genova Rotterdam .
Se dovessi andare avanti nella storia del progetto, delle sue frenate e delle sue ripartenze fino a oggi mi ci vorrebbe non solo questo Convegno.

Attribuisco il valore di svolta decisiva all’opera quella del governo di approvare il sistema dei lotti costitutivi, in base ai quali si procedeva a dividere l’opera in sei lotti. Il finanziamento stanziato copriva un tratto per volta, senza dover riguardare tutta l’opera. Siamo intorno al 2010 e questa è la strada che ha portato il Terzo Valico al traguardo straannunciato del 2026. Chissà se adempiuto…..
Credo che avversari di questa opera siano stati in ordine, prima le Ferrovie dello Stato, quell’impero che corrispondeva a un grande monopolio di potere politico clientelare e a cui costava cedere un’operazione così importante, la prima in cui si parlava di Alta Velocità, che poi è stata realizzata ovunque o quasi, ma non qua dove era stata pensata prima.
Senza dubbio i nemici sono stati anche grandi imprenditori, come la Fiat che privilegiava altre opere, come la Torino Lione e non spasimava per la Ferrovia, che avrebbe portato via il traffico dalle autostrade.
Oggi non posso che essere ancora ottimista, anche se su questa opera è sempre mancata la trasparenza, la comunicazione e ancora adesso è così .
La notizia della bolla di gas è stata tenuta nascosta, poi sminuita, oggi finalmente riconosciuta, ma con l’annuncio che in primavera ci sarà una soluzione. Chissà…..
La notizia delle due grandi talpe bloccate, smontate e dei lavori fermi per mesi, è trapelata con difficoltà.

Chi ha aiutato veramente il Terzo Valico a andare avanti? Pochi uomini di buon volontà, oltre a quelli che ho citato inizialmente, Ugo Marchese, Gianni Dagnino, i grandi tecnici di SINA e anche Giovanni Alberto Berneschi, un nome che quasi non si può pronunciare a Genova, ma che credeva nel Terzo Valico, ne finanziò con Carige un passaggio delicato, nel 2009 sostenendo che senza quella linea Genova era come un lago secco, senza più affluenti. Ci scrissi perfino un libro, intitolato, ottimisticamente “Bucare il futuro”.
E poi quello che ha contato sempre di più è stato il fatto che il collegamento veloce da Genova e dal suo porto sono diventati essenziali nella rete europea.
Tra i parlamentari e gli uomini di impresa, grandi e piccoli, gli uomini politici genovesi e liguri, uno sopratutto, che è qua oggi, Gigi Grillo, quello che ne sa più di tutti di Terzo Valico e che ha anche rischiato personalmente sul piano giudiziario per avere spinto il progetto come vi racconterà.
Poi mi viene in mente anche chi non c’è più, come Paolo Odone, che come presidente della Camera di Commercio, ha partecipato a più di 500 incontri internazionali, organizzati lungo il percorso da Genova e Rotterdam per convincere che quella linea era vitale ai traffici di tutti.
Ma pochi altri della Prima, della Seconda, della terza Repubblica…. Se c’è stata.

Per concludere, ricordando ancora mio padre, al quale rivendico il merito di avere inventato il Terzo valico nel tempo moderno e di aver combattuto fino alla sua morte per questo, sperando che gli intitolino una galleria quando l’opera sarà finita, credo che si possa ripetere quella famosa frase di san Paolo, attribuendogliela: “Ho combattuto una buona battaglia, ho conservato la fede.” La fede che questa opera finisse….