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di Luigi Leone

Contro ogni regola dell’economia, secondo cui i dazi fanno male a chi li subisce e pure a chi li mette, Donald Trump, il neo presidente degli Usa, impone all’Europa una tassa trasversale sulle merci del 20%. Che diventa 25 nel caso delle auto. Siccome sa che i mercati finanziari si nutrono anche, se non soprattutto, di psicologia, la premier Giorgia Meloni prova a minimizzare: “Non  sarà una catastrofe”. E che avrebbe dovuto dire, che andrà di male in peggio? Nondimeno, l’opposizione al suo governo insorge proprio per questa ragione: boh.

Il popolo non sempre prevale

Hanno mille ragioni, invece, il Pd e i partiti compagni quando si scagliano contro la annunciata riforma della legge elettorale per i sindaci: se uno passa il 40% dei voti, niente ballottaggio. Fin dal primo turno è il vincitore. Un colpo proprio alla dimensione del voto, già duramente messa alla prova negli ultimi anni dal crescente astensionismo. Ma come, non è proprio il centrodestra a dire che la volontà popolare sta sopra ogni cosa, pure della magistratura e persino delle leggi?

A riforma fatta, Genova sarebbe perduta. Però, in realtà, del capoluogo ligure non frega niente a nessuno, altrimenti Pd e soci dovrebbero giubilare e FdI, Lega e Forza Italia rosicare. Stando alle cifre, infatti, finora prevarrebbe Silvia Salis. Secondo l’ultima rilevazione di Tecne’, anzi, il ballottaggio lo eviterebbe andando oltre il 50 per cento fin da subito, quindi con la norma in vigore. Ma comunque sarebbe ben oltre il 40% e sempre davanti a Pietro Piciocchi, il candidato del centrodestra.

Non a caso proprio lui esprime dei dubbi sulla validità della riforma (e vorrei pure vedere…), peraltro adducendo un’argomentazione accettabile: “Un sindaco deve avere una rappresentatività il più ampia possibile, dunque non possiamo abbassare ancora l’asticella”. Sarebbe uno sfregio alla democrazia.

Lo vada a dire ai suoi sodali romani, che tecnicamente ritengono di essere avvantaggiati. E pazienza, dunque, se Genova dovesse andare alla parte avversa: per un Comune perso, decine possono essere conquistati. Nel dare-avere, insomma, a Palazzo Chigi e dintorni pensano di guadagnarci. Pensano… La storia, tuttavia, insegna che le leggi elettorali si sono puntualmente rivelate un boomerang per chi le ha fatte ritenendo di averne un vantaggio.

Una inutile partita a tris

In fondo, è come la vicenda dei dazi: Trump se ne accorgerà. Intanto il presidente della maggior democrazia planetaria sempre più somiglia a un autocrate quale  Vladimir Putin, mentre noi cominciamo a guardare alla Cina, all’Africa e agli arabi come alternativa credibile all’alleato storico dell’Occidente. In sostanza, il mondo va alla rovescia. Almeno rispetto a come l’ho conosciuto. Lo abbiamo conosciuto.

Ora, il rinnovamento va bene. E va bene pure rompere gli schemi. C’è una battaglia, però, che non si può combattere ed è quella contro il buon senso. Ecco, questo testimonia che alcune regole sono immutabili e che altre possono essere cambiate, però a patto di discuterne con tutti i protagonisti.

Al contrario, niente buon senso e di conseguenza niente dialogo. Mi sovviene un bel film, “Wargames”, in cui un computer, dopo aver combattuto una guerra nucleare totale, simulata ma che sembrava vera, viene distolto dalla sua realtà virtuale con una partita a tris contro se stesso. Ci prova e ci riprova, poi arriva all’inevitabile conclusionein certe situazioni, l’unica mossa vincente è non giocare. Non vorrei che la politica, sia quella nostrana sia quella mondiale, stesse invece giocando a tris…