Vai all'articolo sul sito completo

Commenti

5 minuti e 51 secondi di lettura
di Maurizio Maresca

Dorme questa città così bella, dalle tradizioni così importanti, un tempo protagonista del diritto marittimo internazionale e che dovrebbe essere significativa in un momento di crisi della comunità internazionale quando le regole sul commercio internazionale sono da ricostruire. Ci saremmo attesi dalle coalizioni che si contendono il governo del Comune un “colpo d’ala”, come auspicava molti anni fa mons. Bagnasco. Tanto più dopo Sindaci recenti come Beppe Pericu, Marta Vincenzi e Marco Bucci, pur molto diversi per carattere e formazione, attenti al futuro (Marta, per questo, pagando un prezzo indecoroso). E dove è l’economia? Che a Genova è stata propulsiva con una classe professionale ed accademica eccellente e con imprese che hanno svolto un ruolo centrale nel commercio e nell’industria nel mondo. Una economia di qualità che non è fatta solo di gente che sale sui carri o addirittura paga per lucrare immeritate concessioni, diritti esclusivi, nomine e quant’altro. E dove è la Chiesa? Centrale con Siri, Tettamanzi, Bertone, e lo stesso Bagnasco, ma anche don Gallo e don Baget Bozzo. E da ultimo dove e’ la citta dei grandi poeti che con le loro strofe in musica hanno aperto alla difesa e promozione degli ultimi, alla giustizia, alla pace ed all’amore.
Una politica di qualità e senza cedimenti etici sarebbe essenziale per Genova. Se la politica è povera, o ripiegata sui poteri economici, Genova resta marginale: come dimostrano ancora oggi i conflitti nel porto, censurati e nascosti (tanto che si chiede ancora una volta ai giudici di assicurare il rispetto delle regole dove politica e amministrazioni pubbliche falliscono), le migliaia di ragazzi che se ne vanno e non tornano più o le ignobili liste di attesa negli ospedali ( anche se questo non è un tema che riguarda solo la Liguria). Molto poco potranno sindaci, rettori, vescovi,presidenti di porti in un tessuto ormai cosi povero.

I
L’idea
Franco Manzitti, offre una visione ambiziosa. Ma, nel cercare potenzialità inespresse, anche Franco sembra ostaggio di questa Genova e del fallimento della sua borghesia: migliore, ma sempre provinciale ed autoreferenziale.
Forse Genova, per essere significativa, e non collocarsi inesorabilmente nella media provincia, apprestandosi ad uscire dal ranking delle grandi città europee (il cui limite, come noto, è di 500.000 abitanti), deve essere guardata, non da Castelletto, da Piazza De Ferrari, ma dal mondo: dovrebbe porsi l’ambizioso obbiettivo di essere parte propulsiva di un territorio fortemente interconnesso che si giova (i) dei grandi centri urbani del sud ovest d’Europa (Ginevra/Losanna, Milano, Torino, Zurigo, Monaco di Baviera e Genova) , (ii) delle Alpi, (iii) della pianura e (iv) del mare, mondi così diversi in un raggio di soli 200 km!Un’area unica, equiparabile alle sponde est e ovest degli Stati Uniti, che, forte delle sue imprese ed università di qualità, dei suoi valori, ha qualcosa da dire sul commercio internazionale, sulla crescita e persino sulla pace e sui diritti.

II
Le criticità da risolvere
Intanto Genova, per essere parte di questo mondo deve risolvere alcune criticità.
1. Genova città isolata
Solo la pazienza dei genovesi tollera l’affronto (unico in Italia)delle autostrade: lunghe code e ore di traffico sottratte alla vita. Per l’economia i danni sono evidenti: oltre alla distruzione di valore derivante dalla perdita di tempo, chi investe e accetta di lavorare in una città dove non si arriva e si parte per i prossimi 30 anni? Nel breve periodo il riordino del traffico proposto daMaurizio Rossi è logico e urgente. Occorre però ricostruire a regime la rete fra La Spezia e Ventimiglia (A10 e A 12) e fra Genova e Milano (A7 e A26) che oggi non presenta i requisiti minimi di sicurezza stabiliti dalla direttiva 54 del 2004 sulle gallerie; è identico che lo Stato lo faccia mettendo risorse direttamente o attraverso il concessionario con lo schema a suo tempo concordato con la Commissione europea. A nostro avviso, inoltre, un modello come quello sperimentato in Lombardia (Infrastrutture Lombarde), Trentino - Alto Adige (Autobrennero) e Veneto/ Friuli-Venezia Giulia (Autovie Venete), che esalta il ruolo dei territori, fatto da imprese in house incaricate del servizio di interesse economico generale, costituisce una ipotesi di lavoro.
2. Terzo valico
Anche qui il ritardo non è tollerabile. Se la connessione Genova Milano non sarà completata prima della metà degli anni Trenta Genova continuerà ad essere un porto crociere per Portofino e l’outlet di Serravalle (ricordate Victor Ukmar?).
3. Il porto di Genova
L’ipotesi e’ quella di   un impianto in grado di muovere una quantità di traffico paragonabile ai porti del Nord Europa per connettere Europa, Americhe e Far East attraverso i nodi dei valichi europei, di Panama e del Mar Rosso. Perché ciò avvenga è necessario anteporre sempre l’interesse pubblico e quindi
a. ricavare gli spazi - a Genova e nel basso Piemonte - per un sistema Dock-Off dock da anni proposto da illustri personalità oltreché, probabilmente, per un nuovo terminale. Il modello è a Trieste la collaborazione fra pubblico e privato per integrare il Molo VII (ormai esaurito) con Cervignano e contemporaneamente per costruire il Molo VIII.
b. una collaborazione evoluta con i grandi operatori mondiali sui volumi e sulle opere e politiche necessarie (il traffico dipende da loro!);
c. da ultimo, la legge 84 è invecchiata ( anche per le resistenze locali) , perché il mercato è cambiato (i traffici dipendono da 4-5 compagnie), e a causa di norme farraginose e di una burocrazia che spesso distruggei traffici. Mentre la concessione di servizi (Sieg) ad una impresa, a maggioranza pubblica, chiamata ovviamente a precisi obblighi di servizio pubblico, consentirebbe di rendere certi i traffici oltre che modulare l’intervento finanziario concordandolo con il privato (ovviamente in questo caso la politica generale della mobilità resterebbe al governo centrale – Mit/Mef - mentre le funzioni immediatamente pubblicistiche locali potrebbero essere svolte dell’Autorità marittima).
 
4. Genova città industriale
Per rilanciare l’industria e l’economia della città occorrono scelte. Non è con i rolli, con il pesto e la focaccia o con la bellezza dei carruggi che si inducono i fondi americani, l’industria internazionale ed in genere gli investitori a scegliere Genova. A nostro avviso tre segnali possono essere importanti:
- Il superamento dell’Ilva, rivedendo le intese con il Governo e rendendo immediatamente disponibile l’area di Cornigliano per uno sviluppo tutto da decidere (e’ noto che i grandi fondi sono pronti ad investire in quelle poche aree urbane mediterranee come Napoli, Barcellona, Genova): siamo indietro di vent’anni!
- lo spostamento dell’aeroporto oltre l’Appennino, come prima stazione passante dopo Genova sulla via per Milano / Torino significa rendere disponibile per la crescita un’area preziosa per sviluppare un nuovo centro città;
- una linea veloce Genova-Milano-Torino a lievitazione magnetica (15 minuti Genova Milano), da realizzare magari nel contesto del miglioramento della A7.
Ed è importante fare presto. Perché e’ molto probabile che i nostri nipoti nel 2040 se ne saranno andati all’estero, come quasi tutti i ragazzi della loro età, dal momento che allora si celebrerà il “modello Chiavari” – citta dove si vive bene - che si pone un target di non oltre 300.000 abitanti. Mentre il terzo valico sarà finalmente in procinto di essere inaugurato per servire meglio l’outlet di Serravalle.

Maurizio Maresca
Professore di Diritto Internazionale