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di Luigi Leone

Semplicemente affidandomi al buon senso, la capivo così: io Stato mi riprendo le autostrade perché tu, Aspi, società concessionaria, ti sei fatta crollare il ponte Morandi per "mancata manutenzione", dice la magistratura, provocando 43 vittime e decine di feriti. Invece no, sembra che funzioni in quest'altro modo: io Stato per riprendermi da te Aspi ciò che mi appartiene pago ai tuoi azionisti, in maggioranza la famiglia Benetton, 9 miliardi più la compartecipazione a eventuali richieste danni che arrivassero.

La presidente del Comitato Vittime del Morandi non esita a definire la cosa "una vergogna". Diciamo la verità, si può darle torto? Burocraticamente l'ultimo sigillo lo ha posto la Corte dei Conti, dopo che Aspi nell'udienza preliminare per il crollo del Morandi ha chiesto il patteggiamento. In pratica, riconosce la colpa, ma questo le consente di ottenere il via libera per la sua cessione a una cordata in cui lo Stato, attraverso Cassa depositi, è in maggioranza.

E lo so, è tutta una storia da far accapponare la pelle. Una storia contro la logica del buon padre di famiglia, prima di tutto. In un mondo appena appena normale, infatti, l'alternativa sarebbe: o è stato fatto malissimo il contratto di concessione, oppure c'è una volontà politica che favorisce la società concessionaria.

Nel primo caso, la Corte dei Conti, anziché dare il via libera all'acquisizione di Aspi da parte dello Stato, dovrebbe chiedere il risarcimento del danno erariale provocato proprio con la stesura di quel contratto. Nel secondo caso, l'azione dovrebbe essere doppia: da una parte la Corte dei Conti a chiedere i danni ai politici, dall'altra gli elettori (quando sarà il momento) a fare giustizia di coloro che, per chissà quale motivo, hanno deciso di favorire dei privati, anziché difendere l'interesse pubblico.

Sappiamo benissimo che niente di tutto questo accadrà. A parte qualche rara voce meritoria, Primocanale su tutte, l'attenzione rimarrà concentrata altrove. Prima era il Covid, adesso è la guerra. Argomenti di cui è giusto, giustissimo che l'informazione si occupi ad ampio raggio. Ma certe cose di casa nostra non vanno dimenticate, tanto per rimanere al problema sollevato con un suo pezzo dall'editore di Primocanale Maurizio Rossi. Altrimenti prima o poi salterà persino fuori un'anima candida a dirci che "quelle 43 persone dovrebbero spiegare che cosa ci facevano sul Morandi...".

Ovviamente parlo per paradosso, il paradosso di una vicenda che richiama forte e chiaro il concetto di familismo amorale, introdotto dal politologo americano Edward C. Banfield alla fine degli Anni Cinquanta. Siamo di fronte, cioè, ad una famiglia politica in cui, affinché ogni componente prosperi, si privilegia l'interesse di pochi rispetto a quello della comunità.

Così si mettono a punto contratti, rapporti e strategie (anche giudiziarie, come ricordato) capaci di garantire questo obiettivo. E se qualcuno prova a dissentire, al massimo si pronunciano poche parole di circostanza. O si fanno variazioni di cariche sociali (vedi alla voce Benetton) per dare l'idea che tutto stia cambiando. Invece, i fatti si incaricano di testimoniare che tutto rimane come prima. Meno male che almeno nessuno riesce a toglierci la possibilità di indignarci.