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di Franco Manzitti

GENOVA - E’ arrivato il rinvio a giudizio di 59 imputati, quasi quattro anni dopo la Grande Tragedia. Incomincia il processo “vero”, dopo l’inchiesta così difficile e monumentale, dopo gli incidenti probatori, le immani perizie tecniche, il fiume delle intercettazioni telefoniche….dopo la richiesta della Procura, quasi un anno fa e l’udienza preliminare, sotto quel tendone nel cuore di Palazzo di Giustizia.

Mi chiedo con una certa sofferenza e partecipazione cosa provano i parenti delle 43 vittime davanti a questo passaggio così decisivo nell’accertamento della responsabilità, cosa sentono leggendo uno dopo l’altro quei 59 nomi?

Il dolore non cambia, non si attutisce perché perdere un proprio caro in quel modo è come se fosse avvenuto un minuto fa. Il tempo non lenisce, il tempo forse aiuta solo a vivere la sciagura propria insieme a quella uguale degli altri a aspettare la giustizia, a cercare una spiegazione che non serve al dolore, ma a andare avanti.

Quattro anni quasi per vedere alla sbarra - come si dice un po’ tanto scenograficamente - i possibili responsabili può sembrare un tempo lungo, quasi insopportabile.

In quattro anni sono successe tante cose, la eco di quel 14 agosto 2018, ore 11,37 ha rimbalzato a lungo non solo per Genova spezzata ma per l’Italia, per il mondo, ma ora è come un rumore lontano, acuto, mescolato alla vita che va avanti.

Il ponte ricostruito, la pandemia, ora questa terribile guerra così visibile, più visibile persino del ponte che si spezzava….Ma la giustizia fino ad oggi è stata veloce. Ha fatto il suo lavoro, sormontando difficoltà enormi , raggiungendo i suoi obiettivi procedurali.

Per questo forse abbiamo visto le lacrime dei parenti delle vittime alla fine dell’udienza preliminare. Il dolore rinnovato, ma accompagnato dalla sicurezza che quella giustizia sta facendo il suo corso, va avanti. Domani comincia il processo, durerà qualche mese, poi ci sarà, inevitabilmente l’appello, poi la Cassazione.

E’ giusto come ha fatto Egle Possetti sostenere che fino all’ultimo passaggio “non saremo tranquilli”. Ma è anche giusto avere fiducia nel processo che faccia giustizia. Che metta un mattone di verità per una tragedia che è stata così grande. Non restituisce quello che è stato perduto per sempre, ma offre una speranza