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di Mario Paternostro

Cento anni fa, il 25 maggio del 1922 nasceva Enrico Berlinguer che diventerà il leader più amato del vecchio Pci, il partito comunista italiano. Segretario per un lungo periodo, realizzò l’eurocomunismo indipendente dall’Urss e quella clamorosa svolta che il 16 marzo del 1978 avrebbe dovuto portare il Pci nella maggioranza con la Dc per sostenere il cosiddetto “compromesso storico” cioè un’ alleanza stabile e forte tra le grandi forze popolari, comunisti e socialisti con i cattolici. Era lo stesso giorno in cui fu rapito a Roma dalle Brigate rosse (che poi lo uccideranno) il presidente della Dc, Aldo Moro. Non se ne fece nulla. Eravamo all’apice degli anni di piombo.

Berlinguer morì l’11 giugno del 1984: il 7 giugno durante un comizio a Padova, era stato colpito da un ictus. Il giorno prima, il 6 giugno era stato a Riva Trigoso per inaugurare una nuova sezione del Pci. Aveva parlato di lavoro, aveva criticato il governo di pentapartito, sostenendo che democristiani e socialisti stavano insieme soltanto per il potere e perché ognuno aveva paura dell’altro.
Poi, davanti alla stazione Brignole in serata un altro comizio. Eravamo reduci dalle elezioni europee in cui Berlinguer aveva conquistato una montagna di consensi e alla vigilia delle politiche. Il leader comunista insistette contro quelli che, a suo giudizio, avrebbero voluto mettere il Pci all’angolo.
Poi un’ ampia parte dell’intervento fu sull’Europa, sulla necessità di portare un’ immagine diversa dell’Italia, etichettata dallo scandalo P2 e dalle tangenti. Infine parlò di pace. Di come evitare che il mondo precipitasse negli abissi di una guerra atomica. Dal palco affermò che la pace si conquistava opponendosi alla corsa al riarmo, cercando sempre una soluzione politica nei conflitti sparsi nel mondo con un ruolo forte dell’Italia in questo obiettivo.

Era il 1984. La lezione andrebbe riascoltata oggi. Mai così drammaticamente attuale.
Il Pci genovese alle politiche del 1976 aveva preso quasi 242 mila voti, pari al 41,6 per cento. Record storico. Nel ’79 sempre a Genova scenderà al 37,6 e nell’83, un anno prima della morte di Berlinguer, risalirà al 38,5 per cento. Poi nel 1987 la batosta: 34, 5 per cento fino al 22 per cento sfiorato dal Pds nel 1992, dopo la fine del Pci.
Negli anni ’70, ricorda Marco Peschiera nel suo prezioso “Un racconto elettorale” (Erga edizioni) “a Genova votano Pci più di due elettori su cinque”. Siamo nel pieno del cammino della giunta rossa Pci-Psi con Fulvio Cerofolini sindaco che governerà fino al 1985.

Ponente, Valpolcevera, Valbisagno e gran parte del centro storico erano le roccaforti rosse. Albaro, Carignano e Castelletto i quartieri borghesi e democristiani. Alle ultime politiche il voto nei quartieri riserva amare sorprese al Pd. I Cinquestelle si prendono buona parte del Ponente da Prà a Sestri, da Cornigliano a Sampierdarena, magari spartendole col centrodestra leghista. Il Pd tiene a Voltri e vince a Castelletto e cresce abbondantemente a Albaro.
Tutto questo per dire che la prossime comunali, soprattutto per il Pd che stando ai sondaggi sarebbe il primo partito, diventano strategiche per le prossime (vicinissime?) elezioni politiche mai evocate come in queste ultime ore. Dove prenderà ossigeno? Riuscirà a tornare il partito popolare delle periferie?
Un amico ieri mi ha rivolto una domanda difficile. Dove sono finiti i voti operai e dei quartieri popolari dove il Pci trionfava? Chi si fa carico dei problemi di questa ampia parte di popolazione spesso in forti difficoltà?

Dunque la vera sfida di Ariel dello Strologo è questa: riconquistare non tanto Castelletto o Albaro, quanto piuttosto Valpolcevera, Sampierdarena, Voltri, Struppa, Marassi, Prè, Oregina. Se fosse così significherebbe che il Pd è tornato a essere a Genova, città che era un tempo “rossa”, il partito con una precisa identità di sinistra. Quello che, anche se con enormi differenze e in tempi diversi, era il vecchio Pci berlingueriano.
Altrimenti sarebbero da rivedere tante cose nel partito a cominciare dai leader nazionali, dai parlamentari, dai sindaci e dai presidenti di regione.
Uno scombussolo non da poco, ma obbligato.