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di Franco Manzitti

GENOVA-La chiamavano un po' dispregiativamente “la città dei camerieri”, alludendo a una rimontante vocazione più turistica e di servizi che industrial portuale. Era la Genova degli anni Settanta e Ottanta e la  polemica divampava tra le forze politiche fortemente ideologizzate di allora. I socialcomunisti difendevano il modello “storico” di Genova contro l'ipotesi più democristiana, e anche un po' liberale, che immaginava una città spostata verso le attività terziarie.

Oggi non si potrebbe certo usare il termine “camerieri”, che non esiste più, se non residualmente e impropriamente, e quella polemica è comunque superata da tempo da una trasformazione genovese che viaggia da decenni e che propone soluzioni molto più integrate tra i diversi modelli, allora fieramente contrapposti.

Ma con tutto il rispetto per i camerieri di ieri e di oggi, mi è tornata in mente quella polemica, un po' per la campagna elettorale nella quale tanto si parla di visioni e modelli . E un po' per la vicenda, minima, secondaria quanto volete, del chiosco dei gelati di piazza Corvetto.

Come è noto quel piccolo angolo di rinfresco nella piazza più centrale della città non verrà aperto in questa estate. La motivazione annunciata dai padroni dell'esercizio commerciale, che è il ben noto “Mangini”, locale tra i più rinomati nella città, è che manca il personale.

Mancano cioè “i camerieri”. Salto a piè pari la inevitabile discussione sulle ragioni per le quali oggi, dopo due anni di pandemia, non si trova più il personale per i locali pubblici, bar, ristoranti, mense, stabilimenti balneari, servizi pubblici in generale.

Dribblo la spiegazione sul “reddito di cittadinanza”, che giustifica le decisioni di tante generazioni, obbligate a scegliere tra quel reddito fisso e il precariato di un lavoro estivo incerto nella sostanza e nei tempi. E ritorno a quella “città dei camerieri” per la quale ci saremmo dovuti preparare in questi decenni di cambiamenti epocali, di mutazione quasi genetica di Genova .

Mentre l'economia della città cambiava, cosa abbiamo fatto e cosa facciamo per preparare le nuove generazioni al lavoro che sarà richiesto? Poco o nulla, a scuola e nei corsi di formazione professionale per la quale un tempo esistevano strutture più che adeguate, non solo l'avviamento scolastico professionale. Più in generale nella società che cambia velocemente e nella quale domanda e offerta si incontrano sempre peggio.

Non abbiamo costruito una alternativa , una cultura diversa da quella tradizionale, con tutti i meccanismi di salvaguardia del sistema. E così siamo rimasti, nel settore ampio e divorante dell'accoglienza, la città della “torta di riso è finita“, il famoso sketch comico, che descrive la difficoltà genovese e ligure ad essere, appunto, accoglienti, professionali, puntuali, presenti.

E davanti al problema dell'occupazione stagionale nei servizi finiamo con scegliere addirittura la chiusura. Altro che la torta di riso è finita. Il locale è chiuso. Il gelato se lo vada a gustare da un'altra parte....

Il chiosco di Corvetto è un microbo in questo panorama. Ma i responsabili del settore hanno già denunciato che mancano più di mille addetti servizi, tra, appunto, “camerieri”, cuochi, addetti ai servizi, bagnini o life guard, come si dice oggi più elegantemente. C'è un problema di numero e c'è un problema di formazione. Chissà se i candidati che stanno chiedendo voti a destra e a manca ci hanno pensato. Intanto piazza Corvetto off limits.