GENOVA-Non faccio fatica a confessare che questa campagna elettorale è stata per me deludente. Non certo per l’impegno dei contendenti, per la mobilitazione di tanti, soprattutto di chi ha osato metterci la faccia, spendersi, rischiare reputazione, soldi, immagine.
La delusione del vecchio cronista, che ne ha viste tante di campagne elettorali, è stato il deficit di politica.
Sicuramente stiamo parlando di una campana elettorale per eleggere il sindaco e il consiglio comunale e i Municipi, una pratica puramente amministrativa. Nella quale in ballo ci sono i problemi della città, da quelli grandi, strategici, di “vision” a quelli più piccoli. Nulla di più vicino ai singoli cittadini, ai fatti che riguardano la nostra storia quotidiana.
Ma chi accetta una sfida di questo tipo fa politica, che significa occuparsi della vita pubblica, che non ha confini territoriali, limiti di territorio, di competenza. Perchè la polis, la città, tutto comprende. E qui, stretti nei confini della competenza territoriale, abbiamo sentito parlare solo della città, dei suoi certo urgenti problemi, come se intorno ci fosse il vuoto, se non qualche collegamento di politica nazionale per le scelte del governo su Genova...le polemiche sul ponte ricostruito, merito di Bucci o anche del governo Conte, all’epoca in carica? La grande nuova diga del futuro portuale, veramente utile in quel modo e per quali strategie di traffici mondiali?
Quisquiglie e pinzillacchere, direbbe Totò il mitico principe Antonio De Curtis. rispetto al quadro generale in cui stiamo vivendo in un tempo terribile, tra pandemie, guerre, carestie, mostruose crisi economiche, inflazione.
Da giovani cronisti ci indispettivamo un po’ quando in consiglio comunale le mozioni sulla guerra in Vietnam occupavano troppo tempo, con tanti interventi di una e dell’altra parte. Volevamo sentire parlare delle decisioni di Genova. Ora siamo all’opposto.
Si parla solo di quella, come se vivessimo in una bolla separata dal resto. La politica è diventata liquida, i leader sono come meteore, che appaiono e scompaiono. Sono arrivati anche qua giustamente per appoggiare i loro candidati in una processione permanente, necessaria e rituale. Venivano dall’epicentro del vulcano, ma chi se ne è accorto?
Certo: non mi aspettavo che i candidati sindaci e ogni candidato per il Consiglio comunale, o per i Municipi, si buttasse a disquisire sulle strategie belliche, su quanto sta succedendo nel mondo o che intervenisse nel dialogo politico nazionale, così delicato in queste fasi e non solo per la guerra e per le elezioni del 2023. Ma una contestualizzazione, una traccia nella quale piazzare il proprio impegno in tempi tanto difficili ci si poteva aspettare. Probabilmente avrebbe dato peso anche a programmi, intenzioni , progetti, che non vivono solo di vita propria genovese.
Salvi i miliardi del PNRR e degli altri finanziamenti, che pioveranno a Genova.
Insomma siamo un’isola, nella quale a seconda delle parti contendenti in campagna o abbiamo un futuro del fare, dello sviluppo, dell’ottimismo, oppure soffriamo le grandi difficoltà delle diseguaglianze, dei servizi sociali ridotti, dell’invecchiamento della popolazione, eccetera eccetera.
Un tempo quello che legava questo a tutto il resto era la politica. Ora la politica o non c’è o è uno sfondo indistinto che potrebbe distrarre perfino. Meglio o peggio di prima? Chissà…..