GENOVA -Autostrade per l'Italia e Spea che chiedono di non essere inserite fra i responsabili civili e poi, a sorpresa, il pubblico ministero Massimo Terrile, il mastino della procura, che si associa alla loro istanza spiegando con un lungo intervento il motivo della sua posizione solo apparentemente a favore delle due grandi aziende sotto accusa.
Non sono mancati i colpi di scena nell'udienza nel processo in corso nel tribunale di Genova per la tragedia di Ponte Morandi del 14 agosto del 2018 costata la vita a 43 persone e che vede alla sbarra 59 imputati fra cui i vertici di Autostrade per l'Italia e Spea, la società titolare delle manutenzioni.
Un'udienza in cui ha tenuto banco ancora il pm Terrile che ha detto: "La priorità è snellire il processo per arrivare a una eventuale condanna o assoluzione e non quello di liquidare i danni alle parte danneggiate, anche perché in un evento come questo i potenziali danneggiati potrebbero essere infiniti, parti che invece di essere inseriti nel processo penale possono affidarsi al tribunale civile".
Il pm per esemplificare ha aggiunto: "Un processo con 1.228 testimoni porterebbe a un potenziale di 155 mila tra esami e controesami è a un processo che non avrebbe mai fine".
L'udienza davanti al collegio di tre giudici presieduti dal risoluto ed essenziale Paolo Lepri si è concentrata proprio attorno alla questione delle parti civili danneggiate dalle conseguenze anche economiche provocate dal crollo. Potenzialmente 700 soggetti che chiedono venga riconosciuto un danno subito.
Per ultimo da annotare il malumore e la protesta dei giornalisti che seguono il processo: nonostante le richieste sono stati relegati dal giudice a seguire le udienze nell'Aula Magna situata nei fondi del tribunale dove non c'è il segnale per cellulari e computer.