GENOVA - "Si tratta di una piccola Parmalat. E' uno dei più grandi crack d'Italia" così il procuratore Francesco Pinto sul caso Qui Group, la società di distribuzione dei buoni pasto utilizzati fondata e gestita dall'imprenditore Gregorio Fogliani. In tutto sono 12 le società fallite che ruotavano attorno alla Qui Goup. In queste ore è arrivata la chiusura delle indagini relative al fallimento del colosso dei buoni pasto che anche a Genova ha lasciato macerie.
In tutto sono 31 le persone indagate. I reati contestati sono bancarotta, falso, riciclaggio, autoriciclaggio e anche estorsione aggravata perché una task force apposita costringeva i creditori con modalità intimidatorie a continuare ad accettare i buoni pasto e a sottoscrivere contratti più onerosi per sperare di ottenere qualche pagamento. A questi si aggiunge la truffa nei confronti dello Stato. Il gruppo in capo all'imprenditore genovese. Esiste inoltre un secondo filone dell'indagine con altri 10 indagati. Si tratta di prestanome a cui Fogliani aveva intestato le altre società che ruotavano attorno al mondo Qui Group.
Nel 2016 la Qui Group aveva infatti stipulato una convenzione con la Consip (la centrale acquisti della pubblica amministrazione italiana) per due lotti per rifornire i dipendenti delle pubbliche amministrazioni di Piemonte, Liguria, Val d'Aosta, Lombardia e Lazio, per un ammontare di circa un 1 milione di lavoratori.
A partire dall'inizio del 2018 però iniziarono i disservizi. Numerose imprese esercenti la ristorazione nella rete convenzionata con il gruppo avevano inoltre segnalato il mancato pagamento da parte della stessa società delle fatture relative ai buoni pasto spesi dai dipendenti pubblici. Nel settembre del 2018 è poi arrivato il fallimento del gruppo.
A luglio dell'anno successivo l'arresto del patron Gregorio Fogliani, di Luigi Ferretto, amministratore delegato della società e il consigliere delegato Rodolfo Chiriaco. Agli arresti domiciliari erano finite anche la moglie di Fogliani, Luciana Calabria, e le due figlie Chiara e Serena Fogliani.
Secondo l'accusa la famiglia avrebbe spogliato la società sottraendo i soldi per spese personali, come una maxi villa in Versilia e il matrimonio da favola di una delle figlie e per alimentare le casse di Azzurra 95. Ma non solo. Fogliani e la sua cerchia, secondo le indagini, avevano cercato anche di costituire una nuova società in Brasile trasferendo sette milioni e mezzo.