GENOVA -"I rave sono Woodstock moderni degli anni Duemila e chi ci va non andrebbe mai in una discoteca, neppure se venisse pagato, il rave non nasce per la musica ma è un modo di vivere, una ribellione ai diktat moderni della società contemporanea, un movimento con proprie idee, facile da criticare, difficile da capire".
A parlare è un noto disc jockey genovese, un cinquantenne che di rave ne ha vissuti tanti e che accetta di parlare solo dietro la garanzia dell'anonimato: "I provvedimenti adottati sono sbagliati, come è un errore tollerare rave vietati per una settimana, non conosco nei dettagli il decreto, spero di avere capito male, ma si dice che è vietato organizzare una festa non autorizzata, senza i timbri Siae e si rischia da 5 a 10 anni di galera. Capisco reprimere un evento in un contesto pericoloso, se tu raduni tremila persone in un'area senza mezzi di soccorso, senza uscite di sicurezza, in una struttura pericolante, occupando dei territori in modo abusivo, giusto allora sanzionare. Nessuno è favorevole a questo. Ma i rave sono un'altra cosa...".
Il Dj ribadisce che non è creando queste leggi "e facendo terrorismo psicologico, minacciando sei anni di galera, che si riesce a fermare il movimento, perchè gli organizzatori sono persone che si contattano in rete. Ricordiamoci la pandemia che non si poteva andare a casa dalla mamma senza un certificato, questi invece riescono a muoversi in tremila con camion e attrezzature, con mezzi dalla Francia, dall'Olanda e dall'Inghilterra e non li becca mai nessuno, e ora secondo voi perchè abbiamo fatto un decreto cambia qualcosa? Assolutamente no, anzi, i rave saranno svolto ancora di più nell'illegalità, secondo me queste cose andranno gestite cercando di farle uscire allo scoperto e gestirle in sicurezza con delle regole.
"Questa demonizzazione, identificando questi ragazzi come estremisti dei centri sociali, le "zecche", sposta invece il discorso sulla politica, che invece nulla ha a che fare con i rave, che in realtà sono solo un gruppo di persone che vuole trascorrere una serata tranquilla e vivere fra di loro in un contesto di libertà. L'importante le persone che partecipano a una rave entrano a fare parte di una comunità in cui tutti sono uguali, ed infatti anche nei rave minori non c'è il servizio d'ordine, perché nessuno rompe le scatole a nessuno. Tu puoi prendere il portafoglio, metterlo al centro del piazzale, torni dopo due giorni dopo e lo ritrovi lì, al massimo ci trovi al fianco una birra, tutte particolari che la gente che frequenta discoteche e altri locali non può capire. Il movimento, lo ripeto, ha tantissimi valori positivi anche se nella gestione i problemi non mancano, è su questo che si dovrebbe lavorare invece di screditare tutto e appiccicare etichette".
Il Dj conclude con alcune proposte: "Si potrebbero individuare delle aree adatte, dismesse ed in stato di abbandono, che andrebbero cosi valorizzate e date in gestione per eventi culturali.In cambio si otterrebbe di poter circoscrivere l'evento stesso e mettere tutti in condizioni di sicurezza. Ma in in Italia, da sempre, si preferisce il bastone e inserire tantissime regole che non potranno mai esser pienamente rispettate, alcune di solito anche in controtendenza tra di loro, poi basta conoscere tizio, pagare caio, che mette il timbro, e magicamente diventiamo come le Svizzera".