GENOVA - "Un boato improvviso, come un terremoto fortissimo" così Rita Giancristofaro, sopravvissuta al crollo di ponte Morandi, ha raccontato in tribunale a Genova i drammatici momenti legati alla tragedia del viadotto sul Polcevera. Importante anche la testimonianza di Valentino Tonelli operatore dell'Amiu che si trovava a pochi passi dalla tragedia. "Spesso - racconta Tonelli - trovavamo dei calcinacci e dei bulloni sulle nostre auto, era normale, spesso non potevamo prendere i mezzi, più di tre o quattro, calcinacci grossi e piccoli".
Terzo giorno di testimonianze di sopravvissuti e testimoni oculari del crollo di ponte Morandi avvenuto a Genova il 14 agosto 2018 causando la morte di 43 persone. Nelle prime due giornate i pm hanno ascoltato diciannove persone che hanno raccontato quei drammatici minuti e le conseguenze causate. Si riprende lunedì prossimo, 19 dicembre, con i consulenti medici dei pubblici ministeri.
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Alle 9,12 inizia l'appello. Oggi previste dodici deposizioni.
Il primo a testimoniare è Federico Cerne, fisioterapista di Trieste precipitato dal ponte insieme all'allora compagna: "Arrivavo da Albisola, andavamo verso Genova per vedere l'acquario, ero insieme a Rita Giancristofaro. Stavo guidando io. Ricordo di essermi fermato all'autogrill ai Piani d'Invrea per un caffè e una sigaretta, poi non ricordo più nulla" (Leggi qui).
Poi è la volta di Rita Giancristofaro: "Una volta usciti dalla galleria e imboccato il ponte Morandi, oltre la metà, all'improvviso ho sentito un boato, come un terremoto pazzesco, non riesco a paragonarlo ad altro. E' mancato l'asfalto sotto l'auto. Ricordo la torsione dell'asfalto, la macchina che cade giù inclinata dal mio lato. Ho detto: 'Adesso ci facciamo tanto male'. Ho messo le mani sul cruscotto, ho detto che non volevo morire, mi è sembrata un'eternità. Il ricordo successivo all'impatto col terreno è quello di aver chiamato Federico che mi ha risposto mormorando, ma sapevo che era vivo, ho chiamato i soccorritori. Erano pronti a estrarmi (tirandomi ndr) dal braccio destro ma mi faceva male. La nostra auto era fra due binari e l'asfalto ci ha fatto da tetto, avevamo un tetto di asfalto. Durante il recupero ricordo il dolore, era una sensazione di torpore e volevo solo dormire, ma i ragazzi mi dicevano 'Rita non addormentarti, resta vigile'. Come si fa a superare una cosa del genere? Un terremoto è un evento naturale, qui non è così, ogni giorno è un tourbillon di emozioni incredibili. Nessuno mi restituirà la vita che avevo prima" (leggi qui).
Il terzo a testimoniare nella giornata di oggi è Valentino Tonelli, operatore Amiu. "Ho sentito un boato, poi la polvere (...) colpito dalla polvere, non ho avuto lesioni fisiche ma sto male: non dormo, sono in terapia, prendo pastiglie per dormire. Spesso trovavamo dei calcinacci e dei bulloni sulle nostre auto, era normale, spesso non potevamo prendere i mezzi, più di tre o quattro, calcinacci grossi e piccoli. C'erano le reti sotto il pilone. Era caduto anche un bullone. Non so chi ha installato le reti, ogni tanto qualche tecnico veniva a controllare ma non so se fossero di Autostrade" con Tonelli che spiega che al momento del crollo era sul mezzo (leggi qui).
Poi è la volta di Shaban Zanuni di origine albanese. "Ero sul ponte, ho visto il crollo a 30 metri. Ho visto cadere il ponte, mi sono fermato e sono rimasto in macchina per un bel po', poi sono uscito e sono andato nella galleria, c'era gente che gridava e scappava, pioveva forte. Andavo a 10 km/h (Leggi qui).
Poi ad essere ascoltata è la testimonianza di Michela Meo che si trovava in macchina con il figlio e due amici del figlio. "Appena uscita dalla galleria la pioggia impediva la visuale, avevo paura di incidenti. Ho proseguito, guardavo davanti quando ad un certo punto ho visto cadere la pila 9, l'ho vista crollare, ho reagito e mi sono fermata. Ho cercato di fare retromarcia ma non ci sono riuscita, c'erano altre auto. Ho pensato 'adesso moriamo tutti'. Davanti prima dell'abisso c'erano solo due auto, una bianca e una rossa. Mio figlio ha gridato: 'Mamma, scappa scappa'. Ho pensato: 'Cosa corriamo, tanto moriamo tutti'. Ho visto cadere la pila, tutto quello che si vedeva si è sbriciolato tutto (Leggi qui).
Poi è la volta del figlio della Meo, Marcello Monaco: "Eravamo a 30 metri dal punto del crollo. Una scena irreale, incredibile. Ho visto il pilone venirmi giù davanti, immagini che non saprei come descrivere. (...) Abbiamo fatto 15 metri in retro. Ho visto il ragazzo della Basko correre indietro. Fra noi e il buco c'erano due auto. Mia mamma voleva prendere la borsa, appena sono uscito (dall'auto ndr) il mio pensiero era per lei, poi mi sono girato e ho visto il ponte crollato" (Leggi qui).
Poi è uno dei passeggeri dell'auto condotta da Meo a parlare, Alberto Marengo: "A un certo punto davanti a noi ho visto come un film: un camion rosso scomparire, andare letteralmente giù sulla corsia destra, noi eravamo a sinistra, poi una nuvola, quello che era forse il pilone verso di noi. Michela ha inchiodato, abbiamo iniziato a correre. Pensavo all'effetto domino e pensavo che sarebbe caduta anche la parte sotto di noi. Correvamo e Michela non correva veloce come noi, sono tornato indietro per spingerla per venti metri. Lei mi ha detto di andare. Ho cominciato a correre la corsa più veloce della mia vita" (Leggi qui).
Poi è l'ultimo passeggero della macchina, Niccolò Ridolfi: "Ho visto il pilone cadere e un camion che era davanti a noi di colore rosso. Poi l'autista della Basko che veniva verso di noi con le braccia alzate dicendoci di scappare. Siamo corsi tutti nella galleria, avvisando le persone che erano rimaste in macchina di scappare. Avevamo paura che potesse cadere quello che avevamo sotto i nostri piedi. Ora ho paura dei ponti" (Leggi qui).
Poi è Giuseppe Pulvirenti operatore dell'Amiu a raccontare quei drammatici momenti: "Ho sentito vibrare la palazzina, pensavo fosse un terremoto, mi giro e vedo una pioggia di detriti. Usciamo dalla palazzina. Sembrava una scena da film dell'orrore, c'era un silenzio agghiacciante, impressionante. Ho iniziato a riprendere con il telefonino. Sulla ferrovia c'era un auto e una mano che si muoveva, c'erano due poliziotti, un medico e un'ambulanza. Mi hanno chiesto se potevo dare una mano. Alla palazzina non c'è stato nessun danno. C'erano delle reti sotto il ponte perché venivano giù pezzi di cemento armato, ho visto dei pezzi per terra, non so chi le ha posizionate e non ho mai visto ispettori a controllare. Non sono più quello di prima, sono stato risarcito, mi sono accordato con Autostrade" (Leggi qui).