GENOVA -"Tutti sapevano che ponte Morandi doveva essere chiuso ma nessuno lo ha fatto: una verità devastante per gli imputati".
Dopo l'udienza di oggi del processo di Ponte Morandi appare rinfrancato Emmanuele Diaz che nella tragedia ha perso il fratello Henry.
La sua rinnovata speranza di ottenere giustizia arriva dalla lunga testimonianza di Alfredo Mortellaro, presidente della Commissione ispettiva del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti istituita per fare luce sul crollo del 14 agosto 2018 costato la vita a 43 persone e per cui ci sono alla sbarra 58 imputati fra cui i vertici di Autostrade per l'Italia e Spea.
Mortellaro, un passato da 007 nei servizi segreti del Sisde, davanti ai giudici è apparso lucido e attento, ribadendo quanto aveva già scritto nella relazione inviata al Mit: tutti sapevano da anni del degrado del Morandi
Come rimarca anche Raffaele Caruso, l'avvocato delle famiglie delle vittime del Morandi: "Dalla parole di Mortellaro appare centrale il fenomeno della corrosione che era conosciuto sia da Autostrade per l'Italia che da Spea, emerge un altro fatto gravissimo, ossia il non adeguamento della struttura alle normative antisismiche".
Per questo per evitare una possibile tragedia era necessario intervenire subito, come ribadisce Luca Cesareo, avvocato delle parti civili di Assoutenti: "Le parole del presidente della commissione confermano ancora una volta che le carte di Aspi e Spea sottolineano che tutti sapevano degli ammaloramenti del Morandi, degrado che avrebbe dovuto indurre a interventi di messa in sicurezza molto rapidi e invece non si è fatto niente".
Un ponte a rischio, il Morandi, è emerso dalla lunga deposizione del presidente della commissione ministeriale, non solo per la corrosione negli stralli che avrebbero causato il crollo "ma anche - come sottolinea a Primocanale Egle Possetti, del Comitato familiari vittime Morandi - per i segni di deterioramento ancora più gravi nella parte dell'impalcato (i cassoni sotto il manto stradale del ponte Nrd), dunque la situazione di degrado era generalizzata".
Una curiosità, Mortellaro, che è originario di Trecase (Napoli) in un'intervista rilasciata mesi fa al Corriere della Sera aveva svelato che nei suoi prossimi obiettivi c'è spazio anche per i familiari delle vittime del Morandi: «Mi dedicherò - aveva detto - alla mia passione, preparare moto. Ne ho cinque, due Honda e tre Kawasaki. Sono cresciuto con Easy Rider, libertà e paura, mi piace modificarle chopper. E poi vorrei lavorare per Genova, come consulente per le famiglie delle vittime del ponte Morandi».
Prima di Mortellaro oggi al processo il collegio giudicante composto da Lepri, Polidori e Baldini ha ascoltate in aula due parti lese non presenti nelle precedenti udienze, Marina Guagliata e Camilla Scabini, mamma e figlia, vive per miracolo dopo essere rimaste sepolta sotto le macerie della fabbrica del riciclo:
"Non c’è stato il tempo di fuggire - ha detto la mamma, ho solo abbracciato Camilla nel tentativo di proteggerla poi è venuto giù tutto".
La figlia invece, visibilmente commossa ha detto: "Avevo le macerie in bocca, pensavo di morire, un mese fa ho avuto una bambina, ma a causa delle lesioni permanenti riportate al bacino non ho potuto e non potrò mai avere un parto naturale”.
Domani altra udienza: i giudici decideranno se accogliere la memoria dei pm Terrile e Cotugno presentata nell'ultima udienza prima della pausa delle vacanze di fine anno. Un memoria che Terrile ha presentato come un vantaggio per i difensori perchè gli permette di conoscere in anticipo la linea dell'accusa prima della requisitoria finale. Difensori che però hanno subito contestato il dossier dei magistrati: "Un tentativo di indirizzare il processo". Per questo domani, anche se appare scontato che la memoria alla fine sarà accolta dai giudici, si preannuncia un'udienza molto calda.