GENOVA -"Partiamo da tanto lontano per guadagnarci qualcosa, poi questi sono i risultati. Salvatore abitava vicino al mio paese e lascia tre figli, uno piccolino, è terribile...." non riesce a nascondere la commozione Pino Pascuzzi, collega e compaesano di Salvatore, l'ennesina lavoratore che muore sul lavoro.
Salvatore Cucè, 33 anni, padre di tre figli, calabrese di Roccabernarda, Crotone, è il carpentiere investito da una fiammata mentre lavorava in una galleria ferroviaria, un trasfertista, stroncato da un arresto cardiaco mentre l'ambulanza lo stava trasportando con gravi ustioni all'ospedale di Novi Ligure.
La tragedia è avvenuta dopo la mezzanotte nella galleria finestra del cantiere aperto in Vallemme, a Voltaggio, nell'Alessandrino, per il Terzo Valico ferroviario in costruzione in provincia di Alessandria con l'obiettivo unire con l'alta velocità Genova a Tortona e alla pianura Padana.
Salvatore è stato investito da una fiammata provocata da un'esplosione di gas naturale, il grisù, il nemico fantasma e inodore di chi lavora facendosi strada nei tunnel bucando le montagne. Impossibile per ora accertare cosa può avere scatenato l'esplosione, forse un flessibile, o una sigaretta accesa, di certo gli operai non avrebbero dovuto lavorare in un ambiente saturo di gas. I controlli di bonifica per rilevare il grisù, dicono i sindacati, erano stati effettuati un'ora prima dalla ditta specializzata che segue ogni operazione del cantiere. Ma qualcosa non ha funzionato.
Non solo: ci sarebbero stati gravi ritardi anche sui soccorsi. Salvatore è stato caricato su un'ambulanza solo dopo un'ora perché la prima squadra di militi arrivata nel cantiere non aveva potuto soccorrerlo perché non attrezzata in modo adeguato. Sulle cause dell'esplosione indagano i carabinieri e gli ispettori della Asl alessandrina che hanno avviato due distinte indagini.
Immediata la risposta dei lavoratori, con uno sciopero di 24 ore dei 5 mila lavoratori nei cantieri del terzo valico proclamato da tutti i sindacati.
Pino, il collega calabrese della vittima, è stato il primo a incrociare le braccia: "Mi sono fermato, non me ne frega niente del lavoro, aderisco a tutto quello che c'è da fare..." dice avvilito.
Poi si sfoga: "Salvatore era un mio paesano, un ragazzo brillante, facciamo lo stesso lavoro, partiamo da lontano per guadagnarci qualcosa, e questo sono i risultati, la vita da trasfertista è brutta, manchiamo 21 giorni da casa e poi ci lasciamo la pelle. Siamo tanti calabresi, siamo noi che facciamo le gallerie, e in galleria i rischi sono all'ordine del giorno. Si sa che in questa montagna ci possono essere sacche di gas, e noi ci stiamo attenti, era destino che dovesse mancare un altro del nostro paese, ne sono già morti altri, sempre in galleria, al Brennero, in altre parti. In Calabria il lavoro non c'è, non c'è niente da noi sennò non saremmo qua".