GENOVA - "Mia sorella mi aveva detto che sotto casa sua c'era sempre la polizia. Ma quel giorno non c'era". Così Alberto Scagni, l'uomo che a maggio dell'anno scorso uccise la sorella Alice sotto casa sua, nel quartiere di Genova Quinto, con 24 coltellate.
Scagni ha rilasciato solo una breve spontanea dichiarazione, una frase che apparentemente sembrerebbe addossare la responsabilità ad altri. Un interrogatorio che è durato solo pochi minuti davanti al pubblico ministero Paola Crispo. Era stato lo stesso Alberto Scagni a chiedere di essere interrogato. L'uomo, infatti, fino a ieri non aveva mai parlato: non lo aveva fatto con il giudice per le indagini preliminari al momento della convalida e nemmeno con il pm nel corso delle indagini.
A inizio febbraio la procura ha chiuso le indagini per l'uccisione contestando l'omicidio premeditato pluriaggravato e il porto abusivo di armi, adesso il magistrato potrà chiedere il rinvio a giudizio.
Scagni, difeso dagli avvocati Elisa Brigandì e Maurizio Mascia, finora non ha mai parlato: non lo ha fatto con il giudice per le indagini preliminari al momento della convalida e nemmeno con il pm nel corso delle indagini. A inizio febbraio la procura ha chiuso le indagini per l'uccisione contestando l'omicidio premeditato pluriaggravato e il porto abusivo di armi.
Omicidio Scagni, per il perito Alberto era "una bomba a orologeria" - LE PERIZIE
Dopo l'omicidio era stato aperto un secondo fascicolo sulle presunte omissioni e sottovalutazioni degli allarmi lanciati dai familiari. Sette ore prima dell'omicidio, i genitori, avevano ricevuto una telefonata delirante del figlio che chiedeva soldi. "Fra 5 minuti io controllo il conto, se non c'ho i soldi stasera Gianluca (Calzona, marito di Alice, ndr) e tua figlia sai dove c... sono, lo sai dove c... sono?". Per questo filone di indagini sono stati indagati due agenti e una dottoressa, interrogati nelle scorse settimane.