GENOVA - "Tenuto conto dei ritmi tenuti finora e del numero di testi ancora da sentire oltre che delle sospensioni previste dalla legge, possiamo prevedere il dicembre 2025 come periodo per la conclusione delle udienze. Poche settimane dopo scatterà la prescrizione su alcuni dei reati più gravi".
E' l'allarme lanciato in tribunale dal pm Walter Cotugno sulla durata potenzialmente dilatata del processo sul crollo del Ponte Morandi che il 14 agosto del 2018 ha provocato la morte di 43 persone e per cui ci sono alla sbarra 58 imputati.
Cotugno, rivolgendosi a Paolo Lepri, presidente del collegio dei giudici, prendendo spunto dal fatto che alcuni avvocati difensori si erano detti contrari all'ipotesi di allungare le udienze sino alle 18.30 invece delle 16.30 ha sottolineato che ci potrebbero essere ancora 500 testimoni da sentire.
"Calcoli alla mano, tenendo conto che tutti gli imputati hanno chiesto di essere sentiti in aula. Dal 2 maggio noi avremo concluso una tranche importante di persone da esaminare, ma a quel punto si porrà il problema di come proseguire. Considerata infatti una media di due testi a udienza, restano almeno 250 giornate di processo. E ricordando che il dibattimento viene sospeso, come tutti gli altri, in periodi predefiniti, si rischia di chiudere fra più di due anni e mezzo".
Questo significherebbe, ha aggiunto Cotugno, arrivare alla fine del processo a pochi mesi dalla caduta in prescrizione di alcuni reati contestati.
Il giudice Lepri ha preso atto e ha prima rassicurato, "fra i 500 molti sono comuni fra le parti" promettendo poi che sarà fatto il punto della situazione entro maggio",
In aula l'allarme del magistrato è un pugno allo stomaco per Emmanuel Diaz, fratello di una delle vittime del Morandi: "Mio fratello Henry morto sul Morandi ha vissuto 30 anni, io mi ritrovo da 5 anni nel processo, mi chiedo quanto tempo ci vuole nella vita di un uomo per avere una giustizia, non basta il tempo di vivere perchè poi ci vorrà altrettanto tempo per andare a ricercare la sentenza, diventa imbarazzante da gestire. Ricordo l'eccellente lavoro della procura ma il tempo continua a trascorrere, se andremo avanti di questo passo trent'anni ha vissuto mio fratello e quindi altri trent'anni per avere giustizia, è un po' un'incoerenza".
Nell'udienza di oggi sono stati ascoltati due tecnici di Spea che hanno effettuati le verifiche dei viadotti dopo il crollo e confermato più o meno direttamente che i voti sullo stato delle strutture prima della tragedia erano sottovalutati, addolciti dai vertici di Aspi e Spea per evitare di essere costretti a intervenire. Una logica al risparmio a discapito della sicurezza, come sostengono gli inquirenti, al fine di ottenere poì più dividendi per i soci della holding Atlantia della famiglia Benetton. Una gestione esasperata che ha fatalmente portato al collasso del Morandi.