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Cronaca

Dura la reazione di Egle Possetti, comitato dei familiari delle vittime: "Dovrebbero andare tutti in galera"
2 minuti e 52 secondi di lettura
di Michele Varì
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GENOVA - L'ingegnere Riccardo Morandi già nel 1981 scrisse una relazione sul viadotto Polcevera in cui metteva in guardia sulle problematiche della costruzione del ponte affermando che la pila 9, quella che ha causato il crollo, era quella nelle condizioni più critiche per le deformazioni subite durante la costruzione.

Fra i problemi rilevati la non iniezione delle guaine che avrebbero dovuto proteggere i cavi dalla corrosione. Cavi che, già allora, a soli 14 anni dall'inaugurazione, erano aggrovigliati e gravemente compromessi


Lo ha affermato al processo Morandi il superteste Emanuele Codacci Pisanelli, l'ingegnere strutturista  allievo di Riccardo Morandi negli Anni 80 e per il decennio successivo consulente per Autostrade.

La prima reazione dei familiari delle 43 vittime alle rivelazioni del superteste è durissima e arriva da Egle Possetti che dice che i colpevoli della strage dopo questa testimonianza dovrebbero finire subito tutti in galera: "Codacci ha fornito elementi su quanto siano stati sottovalutati i difetti costruttivi, la prima reazione che provo nei confronti degli imputati è quella di metterli tutti su un pullman e imbarcarli tutti insieme nel carcere di Marassi"

L'attesa deposizione davanti ai giudici Lepri, Baldini e Polidori dell'ex allievo di Morandi ha occupato l'intera udienza.

Codacci Pisanelli, stranamente, non era nella lunga lista iniziale dei testi dell'accusa ma è stato aggiunto solo dopo la deposizione di Paolo Rugarli, consulente delle parti civili Possetti e Bellasio che a febbraio aveva riferito di uno scambio di email in cui Codacci diceva che nel '93 dopo avere lavorato al rifacimento della pila 11, quando ha fatto presente ai dirigenti di Autostrade per l'Italia Camomilla e Donferri Mitelli, entrambi ora imputati, la necessità di intervenire anche sulle altre due pile era stato malamente emarginato.
 
Codacci oggi, incalzato dai pm Cotugno e Airoldi, ha ripetuto tutto in aula. Una posizione dura, quella del tecnico, nei confronti di Aspi e soprattutto verso Donferri Mitelli, responsabile delle manutenzioni di Autostrade che alle sue contestazioni lo aveva liquidato con modi sprezzanti: "Il nostro rapporto finisce qui".

Donferri, a detta di Codacci, aveva respinto le esortazioni a intervenire sulle altre pile del Morandi perché le verifiche riflettometriche non confermarono i rischi.
Codacci, come aveva fatto notare allora, ha ribadito in aula che quei test basati su impulsi elettrici non erano attendibili e nel mondo era erano usati quasi solo da Autostrade per l'Italia.

Per l'accusa la deposizione del superteste dimostra che Autostrade pur a conoscenza dei rischi della pila 9 non era intervenuta, forse per risparmiare sulle manutenzioni, svolgendo controlli più superficiali da quelli richiesti dall'ingegner Morandi.

Codacci ha poi spiegato anche perchè non ha parlato di questi contrasti con Autostrada con gli ispettori della commissione ministeriali incontrati dopo il crollo del 2018: "A loro interessavano solo le cause del crollo", risposta che però non chiarisce tutti i punti interrogativi, appare infatti molto strano che l'importante testimonianza di un allievo di Morandi sia stata presa per i capelli, acquisita solo all'ultimo momento dalla procura, e non sia mai arrivata agli ispettori del ministero che per primi, pur in modo molto sbrigativo e meno accurato dai magistrati, hanno avviato la prima inchiesta sulle responsabilità della tragedia del 14 agosto del 2018.

In aula presente come sempre Emmanuel Diaz, fratello di una delle vittime: per lui il superteste ha messo in serie difficoltà tutti, ma - ha aggiunto - non si capisce perché la procura non l'ha inserito subito nella lista dei testimoni. Le posizioni di due dei principali imputati, i dirigenti di Aspi Camomilla e Donferri - ha concluso Diaz - escono distrutti da questa deposizione".

 

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