GENOVA - Giorgio Ozzeni, l'imprenditore arrestato per bancarotta fraudolenta e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, era già stato condannato a 10 anni per aver abbandonato alla stazione Principe uno zaino da donna nel quale aveva messo 64 candelotti di dinamite. L'imprenditore lo aveva fatto per cercare di incastrare la ex compagna e ottenere l'affidamento dei figli.
Oggi l'uomo, difeso dall'avvocato Vittorio Pendini, ha negato ogni addebito nel corso dell'interrogatorio di garanzia davanti al giudice per le indagini preliminari Silvia Carpanini. La guardia di finanza, coordinata dal pubblico ministero Marcello Maresca, ha scoperto che Ozzeni aveva di fatto proseguito la sua attività imprenditoriale attraverso la ditta fittiziamente intestata al figlio Alberto, in modo da sottrarre i proventi al fallimento.
"L'esistenza di tale ditta pareva avere consentito a Ozzeni - scrive il gip - di sottrarre i beni della propria, alle pretese dei creditori, attraverso vendite simulate". Per l'accusa avrebbe evaso oltre 800 mila euro di Irpef e 219 mila euro di Iva. Per il gip ci sarebbe un "elevatissimo pericolo di reiterazione del reato" visto che Ozzeni "nonostante fosse stato avviato procedimento penale per violazioni tributarie inerenti alla gestione della propria attività d'impresa" aveva continuato attraverso una ditta fittiziamente intestata al figlio "anche dopo la sentenza dichiarativa di fallimento, con ciò continuando a sottraine i proventi alle ragioni dei creditori e, in primis dell'Erario per l'elevatissimo debito tributario maturato".