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Cronaca

Come i bottoni, anche della teste allora rintracciata dai carabinieri il magistrato non riferì nulla alla polizia titolare delle indagini che l'ha appreso solo due anni fa dalla criminologa Delfino Pesce
3 minuti e 25 secondi di lettura
di Michele Varì

GENOVA -Dopo il flop delle attese analisi sul Dna le residue speranze per rinviare a giudizio l'unica indagata per l'omicidio di Nada Cella (nella foto a destra), la segretaria uccisa il 6 maggio del 1996 nel suo studio di via Marsala, a Chiavari, sono in una nuova super testimone, una vicina di casa e allora confidente dell'indagata Anna Lucia Cecere (a sinistra).

Una teste allora sottovalutata in modo quasi sospetto dai carabinieri e dal magistrato Filippo Gebbia, che avevano sbrigativamente archiviato la posizione di Cecere senza mai parlarne con la polizia titolare delle indagini.

Dei particolari riferiti dalla super testimone gli agenti hanno appreso solo due anni fa grazie alla criminologa Antonella Delfino Pesce, l'unica in tanti anni venuta in possesso delle indagini svolte nel '96 dai carabinieri.

Dopo il delitto la super testimone aveva chiesto di parlare con i carabinieri con il patto che il suo nome non venisse svelato. Per questioni di privacy invece di andare nella caserma di Chiavari si era recata nella stazione dell'arma di Sestri Levante, località dove con il marito gestiva un'attività commerciale.

La donna, coetanea dell'indagata e sua vicina di casa a Chiavari nella zona di corso Dante, vicino a via Marsala, raccontò che Cecere le aveva confidato di avere fatto di tutto per fare colpo sul commercialista, aspettandolo davanti alla chiesa dopo la messa della domenica per fare due passi insieme, in un'occasione si sarebbe anche fatta prestare un abito da indossare per essere più bella agli occhi di Soracco. Una strategia, aveva confidato civettuola l'indagata, mirata a diventare la sua compagna, ma anche per farsi assumere come segretaria al posto di Nada Cella.

Cecere avrebbe detto anche di nutrire una forte antipatia nei confronti di Nada, svelando che era andata una volta nello studio per affrontarla, un vibrante faccia a faccia in cui lei avrebbe accusato la segretaria di arrivare dalle "montagne per rubare posto alle ragazze di Chiavari", facendo riferimento forse la fatto che la famiglia della segretaria era originaria di Alpepiana, paesino della Val d'Aveto.

Nada non avrebbe mai svelato a nessuno, neppure alle amiche più intime, di questo incontro avvenuto alcuni mesi prima del delitto. E questo potrebbe dare modo al legale dell'indagata, l'avvocato Giovanni Roffo, di smontare la testimonianza.

Proprio grazie alla testimonianza della vicina di casa 27 anni fa i carabinieri indagarono Cecere ed effettuarono alcuni accertamenti come la perquisizione della sua abitazione dove trovarono anche alcuni bottoni dello stesso tipo di quello rinvenuto sulla scena del delitto.

Nonostante questi indizi la posizione di Cecere fu archiviata molto velocemente, nel giro di pochi mesi, con tanto di restituzione dei reperti sequestrati a suo carico, un'efficienza degli inquirenti insolita.

Anna Lucia Cecere ha sempre negato ogni accusa e ha detto che all'ora del delitto stava lavorando in uno studio di un dentista di Sestri Levante dove iniziava a lavorare alle 9. Il delitto venne commesso intorno alle 8.50. Il dentista ricorda solo che in quel periodo l'indagata lavorava per il suo studio, ma ovviamente non sa dire se quel giorno Cecere fu puntale o invece arrivò in ritardo.

Oltre a questa testimonianza la soluzione del delitto di Nada appare ora appesa a pochi altri indizi come alcuni nuovi reperti inviati al super genetista Giardina.

Fra i nuovi reperti un pesante posacenere di onice usato per spegnere le sigaretta dalla polizia scientifica nelle interminabili giornate di rilievi nello studio di via Marsala teatro del delitto, un reperto sino ad oggi trascurato, una possibile arma del delitto consegnato nei giorni scorsi ai poliziotti da Marco Soracco, il titolare dello studio e primo indagato e poi archiviato per l'uccisione della sua segretaria.

Anche il sequestro di questo oggetto  conferma le difficoltà di questa nuova e tardiva indagine, ora condotta dal sostituto procuratore Gabriella Dotto, difficoltà avallate dalla richiesta nei mesi scorsi degli inquirenti di esaminate oggetti, (un portaombrelli, un altro posacenere e una statuina), già sequestrati allora al commercialista e, dopo essere stati esaminati dalla scientifica riconsegnati a Soracco, a cui sono stati richiesti di recente per la seconda volta. Un'istanza, questa, però vana visto che il commercialista nel frattempo ha gettato quegli oggetti.

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